Le elezioni regionali del 20 e 21 settembre sanciscono, ancora una volta, l’inesistenza della classe politica locale del Movimento 5 Stelle. Un ‘cappotto’ per i pentastellati, che vedono come miglior risultato la stentata doppia cifra (per le prime proiezioni) di Valeria Ciarambino, candidata del Movimento in Campania, che era forte del 17% raggiunto cinque anni fa, e di Antonella Laricchia, candidata in Puglia.
Numeri insufficienti per quella che è a tutti gli effetti la prima forza per rappresentanza in Parlamento, ma che vede percentuali ancora più nere altrove: in Toscana Irene Galletti raccoglie soltanto il 6%, in Veneto Enrico Cappelletti il 4 per cento, mentre nella Marche Gian Mario Mercorelli agguanta di poco la doppia cifra con l’11%.
Numeri che farebbero immaginare ad un serio dibattito interno al Movimento 5 Stelle su risultati a dir poco negativi, ma così non è. Per Luigi Di Maio, ex capo politico pentastellato e ministro degli Esteri, l’unica cosa che conta è infatti il risultato del referendum sul taglio dei parlamentari. “Quello raggiunto oggi è un risultato storico. Torniamo ad avere un Parlamento normale, con 345 poltrone e privilegi in meno. È la politica che dà un segnale ai cittadini. Senza il MoVimento 5 Stelle tutto questo non sarebbe mai successo”, ha scritto a caldo su Facebook il ministro.
Un tentativo, quello dell’ex capo politico pentastellato, di nascondere sotto il tappeto del referendum i risultati negativi arrivati dai territori, dove i 5 Stelle sono praticamente inesistenti.
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