Il Centrodestra vede la vittoria in Molise dov’è ancora in corso lo spoglio delle elezioni regionali, ma non c’è il sorpasso vagheggiato da Matteo Salvini della Lega sull’alleato-nemico Forza Italia. Nella piccola regione considerata l’Ohio d’Italia per la sua forte valenza nazionale, specie nelle settimane decisive per la formazione o meno del governo, l’affluenza definitiva si è fermata al 52,2% (alle Politiche del 4 marzo 2018 ha votato il 71,6% degli aventi diritto ma erano esclusi i residenti all’estero). Dopo circa tre quarti di sezioni scrutinate il candidato del centrodestra Donato Toma è in ampio vantaggio (44,6%) su Andrea Greco del Cinque stelle (37,4%). Staccato Carlo Veneziale del centrosinistra (16,9%).
Stando a questi numeri, l’M5s dopo il fallito assalto al Lazio e alla Sicilia, vede per la terza volta sfumare la possibilità concreta di conquistare la sua prima regione italiana. Alle politiche del 4 marzo il M5S ha raccolto il 44,8%, il centrodestra il 29,8%, il centrosinistra al 18,1%. I Cinquestelle sulla carta erano perciò i grandi favoriti di questa tornata elettorale. Ma ha pesato la flessione che tradizionalmente il Movimento sconta nelle elezioni locali. E il fatto che il centrodestra abbia messo in pista ben nove liste, con 180 candidati complessivi, che hanno portato in dote migliaia di voti. Voti sottratti soprattutto a Forza Italia. Perché mentre la Lega ha in sostanza confermato i voti delle politiche (intorno all’8%), gli azzurri, rimasti primo partito del centrodestra, sono calati dal 16% delle politiche attorno al 10%. A vantaggio di liste locali come “Orgoglio Molise” (8%) e la lista ell’ex governatore azzurro Michele Iorio intorno al 4%. Bene anche i Popolari per l’Italia (oltre il 7%) e i centristi dell’Udc oltre il 5%.
Le operazioni di voto si sono aperte alle 7 e si sono concluse alle 23. Alle 12, prima rilevazione dell’affluenza alle urne, i votanti sono stati 50.247 pari al 15,17%. Alla stessa ora nelle consultazioni regionali del 2013 aveva votato il 9,71 per cento degli aventi diritto (il 17,88% alle politiche del 4 marzo).
Cinque anni fa però i seggi rimasero aperti domenica e lunedì. I molisani chiamati al voto devono eleggere il successore di Paolo Frattura (Pd). Si confrontano Greco (M5S), Toma (Centrodestra), Veneziale (Centrosinistra), Di Giacomo (Casapound). La gestione dei risultati e dell’affluenza per le regionali in Molise è affidata alla stessa Regione che ha organizzato con un proprio software l’afflusso delle informazioni.
I votanti totali delle regionali del 2013 furono il 61,63% (quando si votò in due giorni) mentre alle scorse elezioni politiche del 4 marzo votarono in 182mila. Il voto molisano, a dispetto del numero limitato di elettori, acquista una valenza politica particolare perché si intreccia con le fortissime fibrillazioni per la nascita del nuovo governo. Non a caso, negli ultimi giorni di campagna elettorale, la regione è stata battuta in lungo e in largo dai principali leader politici nazionali, da Berlusconi a Salvini a Di Maio.
Voto locale, impatto nazionale. Gli elettori molisani eleggono un consiglio composto di venti consiglieri più il candidato presidente che risulterà vincitore. La partita del Molise ha però soprattutto una valenza nazionale. Il leader M5s Luigi Di Maio punta(va) a un successo per pareggiare il conto con Matteo Salvini, che sente già la vittoria in tasca in Friuli (dove si vota domenica 29 aprile) ma anche per il valore simbolico che avrebbe (avuto) per il Movimento la conquista della sua prima regione in Italia, dopo aver fallito l’obiettivo nel Lazio e Sicilia.
Al contrario Salvini puntava soprattutto a un clamoroso sorpasso della Lega sull’ormai alleato-nemico Forza Italia. Un esito che, corroborato dal probabile successo del leghista Massimiliano Fedriga in Friuli, sarebbe stato il viatico per consumare lo strappo definitivo con il Cavaliere a livello nazionale. E dar vita al governo M5s-Lega. Alle politiche del 4 marzo, infatti, gli azzurri hanno preso il doppio dei voti del Carroccio: 16,1% contro 8,7% del Carroccio. E il centrodestra, proprio per provare a recuperare il gap di 15 punti percentuali con i Cinque stelle (che alle politiche del 4 marzo hanno incassando il 44,8% dei voti, con il centrodestra fermo al 29,8%), ha messo in campo ben 9 liste. La proliferazione di liste e candidati da un lato ha portato più consensi alla coalizione, dal momento che le elezioni locali un ruolo determinante lo hanno le preferenze e i candidati radicati sul territorio.