Elezioni Regionali, a soli 100 giorni dall’insediamento del governo, per Lazio e Lombardia, le due regioni più popolose e più importanti d’Italia, con grande valenza politica. I risultati sono chiari: stravince l’astensione, Giorgia Meloni rafforza il proprio governo, la Destra prevale chiaramente sul Centro e sulla Sinistra, fallisce la scalata al Pd da parte di M5s e Terzo Polo. Per Renzi, Calenda e Moratti il risultato più deludente per un progetto politico che rischia di essere già arrivato alla fine.
Attilio Fontana e Francesco Rocca sono stati eletti governatori, rispettivamente, di Lombardia e Lazio. Una vittoria netta, nettissima. Tanto da stroncare sul nascere qualsiasi recriminazione a sinistra sulle alleanze non stipulate, sugli accordi non chiusi e sugli angoli non smussati. Sia Fontana in Lombardia, sia Rocca nel Lazio hanno infatti trionfato con un margine talmente ampio da risultare incolmabile anche sommando, rispettivamente, i voti di Letizia Moratti a quelli della coalizione Pd-M5S e quelli di Donatella Bianchi all’alleanza Pd-Terzo polo. Vince, dunque, la maggioranza di governo. Perde, e di brutto, la variopinta opposizione che tenta di sbarrarle il passo.
Lombardia e Lazio non sono solo regioni importanti, sono regioni-simbolo. La prima è la locomotiva d’Italia, messa a dura prova dalla furia del Covid e dalle polemiche che ne hanno investito il modello sanitario. Qui la vittoria va ben oltre i numeri, perché la coalizione a sostegno di Fontana ha dovuto fronteggiare non solo l’assalto dell’asse Pd-M5S, ma anche l’insidia di un Terzo polo raccolto sotto le insegne di Letizia Moratti, già volto storico del centrodestra milanese. Una débacle per una candidata che, al netto di ogni legittima tentazione propagandistica, parlava apertamente di vittoria. Una storia, la sua, che meritava ben altro finale di parabola.
E veniamo al Lazio. A differenza della Lombardia – dove Fontana è una conferma – la vittoria di Rocca consente al centrodestra di conquistare un altro feudo “rosso”. Parliamo della regione che ospita Roma, con tutto quel che questo significa non solo in termini di simbolismo politico ma anche di scelte future, a cominciare dalle riforme costituzionali relative ai nuovi poteri della Capitale. Il trionfo di Rocca rende ora il centrodestra protagonista di tale processo anche sotto il profilo territoriale. Obiettivo, questo, imprescindibile per il decisivo radicamento del centrodestra a trazione Fratelli d’Italia. La performance registrata dal partito di Giorgia Meloni – 31,9% nel Lazio, 22,8 in Lombardia – autorizza a ritenere la vittoria dello scorso settembre non come un episodio, ma come l’inizio di un’onda lunga destinata a durare.
Il governo di Giorgia Meloni esce certamente rafforzato dal test elettorale, e il fatto che la Lega abbia in qualche modo ‘tenuto’ in Lombardia evita alla presidente del Consiglio un effetto fagocitazione degli alleati che avrebbe potuto creare più di un problema. Tuttavia resta il nodo lombardo, perché i voti di lista vedono ora Fdi prevalere e gli equilibri interni alla giunta lombarda cambiano.
In Lombardia Fdi già prenota i posti, chiedendo la vicepresidenza della regione per Romano La Russa, fratello del presidente del Senato Ignazio, e almeno 8 assessori. “E’ evidente che gli equilibri cambieranno nel rispetto della coalizione, perché c’è sempre la squadra, la squadra di ‘destra-centro’ ha dimostrato di essere molto forte”, afferma il ministro del Turismo Daniela Santanchè, coordinatrice di Fdi in Lombardia.
Dalle parti di Arcore si preferisce non parlare di “poltrone” e lo fa capire chiaramente la capogruppo di Fi al Senato Licia Ronzulli: “Francamente le questioni sulla vicepresidenza e sulla giunta a me in questo momento non interessano. Oggi è il giorno della soddisfazione per la vittoria e parlare di equilibri, di vicepresidenza e di numero degli assessori va a sminuire la vittoria del centrodestra”. Dal canto suo il governatore leghista Attilio Fontana ostenta prudenza: “Valuteremo a bocce ferme”, dice l’esponente del Carroccio, che alla domanda su come il risultato di Fratelli d’Italia cambierà gli equilibri in giunta, risponde: “Nessuno imporrà il suo punto di vista”.
Quel che è certo, però, è che Via della Scrofa intende far valere il peso dei propri numeri, soprattutto in Lombardia (dove il partito di Meloni viaggia sopra il 26%), e chiedere un cambio di rotta nella gestione delle nomine nelle partecipate.
Lo dice chiaro e tondo Marco Osnato, deputato Fdi eletto in Lombardia e presidente della Commissione Finanze di Montecitorio: “Se ora la musica deve cambiare? Non so, dico solo che deve essere una sinfonia e non un assolo…”. “Evidentemente, come si può notare, gli equilibri sono cambiati. La vittoria del centrodestra era la prima cosa che ci interessava, Fdi si conferma primo partito. Se gli elettori ci hanno dato questa importante responsabilità, questo si deve riflettere anche nella rappresentanza all’interno delle istituzioni. Ha ragione Fontana, ci saranno i giusti pesi e con le persone più appropriate. Noi sicuramente abbiamo persone da spendere”.
Sull’ipotesi di Romano La Russa vice di Fontana, Osnato non si sbilancia: “Questo non lo so, La Russa è sicuramente persona di esperienza e di riferimento nel partito, sarà valorizzato, decideremo con calma”. “Nella scorsa legislatura – osserva ancora il parlamentare – la regione Lombardia aveva uno sbilanciamento molto forte nei confronti di una forza politica. Oggi crediamo che ci sarà una più efficace condivisione su alcuni obiettivi. E per fare questo serve un intervento molto forte sulla macchina amministrativa, che ha bisogno di forze fresche. Mi riferisco soprattutto alle partecipate, che storicamente sono il braccio dell’operato politico della giunta”.
Nell’altro campo la prima valutazione riguarda l’astensione: se l’afflusso al voto è stato così basso e l’affermazione delle forze di Destra così netto, è evidente che sia mancata una proposta politica in grado di smuovere un elettorato di centrosinistra sempre più disilluso. Tuttavia non può sfuggire che il Pd, in attesa di congresso e nuovo segretario, abbia tenuto decisamente meglio del M5s, calato nel Lazio e residuale in Lombardia, e del Terzo Polo, letteralmente spazzato via.
Nel Lazio il partito di Giuseppe Conte ha mancato l’obiettivo dell’opa sui dem: il Pd infatti è stimato intorno al 20% mentre il Movimento 5 Stelle sarebbe poco sotto il 10%. Quando al Terzo Polo nel Lazio viaggia attorno al 4-5% mentre il Lombardia la scelta solitaria con Letizia Moratti non ha avuto successo: Azione e Iv sarebbero sotto al 4%, un dato di gran lunga inferiore a quello delle politiche del 25 settembre.
Un quadro che fa dire ad Enrico Letta: “Il dato che esce dalle urne in Lombardia e Lazio è chiaro. Il centro destra vince in entrambe le regioni. Tuttavia, in un quadro politico per noi particolarmente complicato e con il vento chiaramente contro, il Pd ottiene un risultato più che significativo, dimostra il suo sforzo coalizionale e respinge la sfida di M5S e Terzo Polo. L’Opa contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata. Ci auguriamo che questo risultato dimostri finalmente a M5S e Terzo Polo che l’opposizione va fatta al governo e non al Pd. Il Pd rimane saldamente seconda forza politica e primo partito dell’opposizione. E questo dato può essere un viatico fondamentale per il lavoro del nuovo gruppo dirigente che uscirà dalle Primarie del Pd del 26 febbraio”.