Elezioni Roma 2021, Silvio Berlusconi lancia Michetti e avverte gli alleati. Forza Italia, con tutta la sua squadra, ”ha condiviso di sostenere un candidato sindaco proveniente dalla società civile, un professionista di grande qualità, di notevole esperienza amministrativa e di formazione moderata come Michetti. E’ una sfida elettorale difficile, ma come la storia ci insegna, le competizioni si vincono se c’è un forte centro trainante, che rappresenta la casa di tutti i moderati. E, dunque, il voto dato alla lista ‘Forza Italia- Udc per Michetti’ è il voto necessario per vincere, per cambiare la storia della nostra Capitale”.
“Gentili elettrici, cari elettori di Roma, il prossimo 3 e 4 ottobre siete chiamati a scegliere il futuro della vostra meravigliosa città…”. Inizia così la lettera-appello elettorale sui social del cavaliere che scende in campo a sostegno di Enrico Michetti, candidato sindaco del centrodestra a Roma. Berlusconi ci tiene a sottolineare la ”formazione moderata” dell’avvocato fortemente voluto da Giorgia Meloni. Quasi, un modo, secondo alcuni azzurri, per rimarcare la differenza politico su contenuti e valori tra Forza Italia e gli alleati sovranisti senza però mettere in discussione l’unità della coalizione, considerata fondamentale per vincere. L’ex premier ammette che si tratta di una ”sfida difficile” e non a caso rimarca quanto sia determinante per spuntarla al voto di ottobre il ruolo e il ‘peso’ del centro.
Berlusconi bacchetta poi l’amministrazione Raggi senza mai citare gli altri ‘avversari’, ovvero Roberto Gualteri, schierato dal Pd e Carlo Calenda, leader di ‘Azione’: ”Roma non è solo la capitale d’Italia, una delle maggiori città d’Europa e del Mediterraneo, è il simbolo della nostra stessa civiltà cristiana, europea e occidentale. Per questo Roma e i romani meritano un destino e un futuro diversi da quelli cui sono stati condannati da tanti anni di amministrazioni sbagliate e inefficienti che hanno condannato questa città ad un crescente degrado, culminato negli ultimi cinque anni a guida di M5S”. E ancora: “l’amministrazione Raggi purtroppo ha tradito le speranze di cambiamento di chi l’ha votata ed ha accentuato – invece di arrestarlo – il degrado ereditato da vent’anni di giunte di sinistra”.
“Che Calenda fosse divenuto il candidato della Lega di Giorgetti era chiaro a tutti. Oggi a sancirlo è proprio lo stesso Giorgetti, in un’intervista molto chiara e decisa, in cui scarica il debole Michetti e lancia la volata al leader di Azione”, dichiara in una nota il vicesegretario del Pd Lazio, Enzo Foschi.
“Noi da tempo non avevamo dubbi sulla deriva che stava prendendo Calenda, che non a caso ha proposto il ‘destro’ Bertolaso come vicesindaco. Ora che è ufficiale che anche la Lega di ‘Roma Ladrona’ appoggia il neotatuato Calenda, siamo sempre più convinti che il vero voto utile e democratico sia quello per Gualtieri”.
Che tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti le incomprensioni fossero tante non è certo un mistero. Ieri, però, lo scontro ha fatto un deciso passo in avanti, con Giorgetti che ha messo nero su bianco i suoi molti dubbi sulla linea del leader in una lunga intervista a La Stampa. Le accuse arrivano in uno dei momenti di maggior difficoltà del leader, alle prese con l’affare Morisi da una parte e con una tornata amministrativa che certificherà un deciso arretramento del Carroccio, con annesso rischio di sorpasso da parte di Giorgia Meloni. Giorgetti formalizza la distanza siderale che lo separa dal leader: sbagliata la candidatura di Michetti a Roma, mentre Bernardo a Milano rischia di non arrivare al ballottaggio. E, ci tiene a precisare, «i candidati non li ho scelti io che faccio il ministro e mi occupo d’altro». Una netta presa di distanza, insomma, da quella che è una sconfitta annunciata. Ma il vero affondo a Salvini arriva sul Quirinale. Una partita che «a dire il vero farei ancora gestire» ad Umberto Bossi visto che «il 99% di quello che so l’ho imparato da lui». Per chi conosce un po’ gli equilibri interni al Carroccio e quanto sia stato complicato il rapporto tra il Senatùr e Salvini in questi anni – basti pensare che uno dei diktat della comunicazione di Morisi era quello di «non nominare Bossi». Dice che a suo avviso Silvio Berlusconi ha «poche» possibilità e che Salvini rilancia la sua candidatura solo per «evitare di parlare di altre cose serie». Al Quirinale auspica Draghi, ma solo perché i partiti non lo lasceranno a Palazzo Chigi fino al 2023. E scopre le carte di Salvini, aggiungendo che né lui né Meloni voterebbero un Mattarella bis. In questo scenario, dunque, meglio puntare su Draghi. Anche se senza di lui a Palazzo Chigi i soldi in arrivo dall’Europa sono destinati a fare una brutta fine. «Li butteranno via. Oppure non li sapranno spendere».