Una parte del sistema mediatico italiano da qualche tempo sembra avere qualche problema con la “notizia” e tutto questo capita da quando e ogni volta che c’è di mezzo il governo Meloni.
I parametri oggettivi del racconto giornalistico vengono puntualmente stravolti per lasciare il campo a una lettura capovolta, se non stravolta, dei fatti. Prendiamo ad esempio le cronache che riguardano l’Albania.
Quindici Paesi Ue, su 27 in totale, hanno chiesto alla Commissione di utilizzare proprio il protocollo Italia-Albania (quello che il Pd denuncia come una sorta di «Guantanamo» istituzionalizzata) come testo base con cui predisporre una grande operazione di “deterrenza” nei confronti dell’immigrazione clandestina. Notizia clamorosa visto che diversi governi fra i 15 sono di estrazione socialista ma, principali media hanno preferito concentrarsi esclusivamente sulle poche settimane di ritardo nella tabella di marcia dei lavori di costruzione dei due centri italiani in Albania. Non solo, visto che altri esponenti del “giornalismo d’inchiesta”, hanno preso di mira non più solo il governo italiano ma quello albanese, disegnando una leggenda nera sugli accordi agli occhi dell’Ue e del premier socialista Edi Rama. Presidente che non si è lasciato di certo condizionare né intimorire dalla narrazione giunta dai media nostrani: ha rivendicato, al contrario e con una prosa d’altri tempi, la scelta di sostenere l’Italia.
Elly Schlein si scaglia contro Giorgia Meloni, attacca la premier in diretta tv accusandola di prendere in giro gli italiani con provvedimenti definiti “farlocchi, farsa”. È il giudizio della dem sul decreto sulle liste d’attesa e non solo, con l’attacco diretto alla presidente del Consiglio avvenuto nel corso di ‘Prima di domani’, condotto da Bianca Berlinguer su Rete4.
Sui migranti, la leader del Pd contesta “l’accordo cinico con l’Albania che nega il diritto costituzionale a chiedere asilo in Italia”.
E parlando dell’accordo tra Rama e Meloni, Schlein ha sottolineato che l’intesa andrà ben oltre la spesa di 600 milioni previsti, perché “questa proposta ci costerà 800 milioni che avrebbero potuto mettere sulla sanità”.
Ma in tutto questo si è perso il focus, ovvero le elezioni Europee dell’8 e 9 giugno. Parlando a Bianca Berlinguer, Schlein ha sottolineato che nella campagna si sta parlando poco di temi europei e si tratterebbe di un grave danno: “Il voto dell’8 e del 9 giugno davvero deciderà qual è l’Europa che vogliamo e sarà decisivo per il futuro del nostro Paese” ha spiegato la leader dem.
Stesso discorso sul tema sanità. La notizia, qui, è che per la prima volta si interviene sul fronte delicatissimo delle liste di attesa: vengono razionalizzati i parametri, stanziati i primi fondi, individuata una procedura che mette al centro il diritto alla cura nei tempi dovuti. L’atteggiamento di tanti organi di stampa e tv? Segnalare che si tratta per lo meno di un combinato, decreto più disegno di legge, pionieristico in un settore lasciato da sempre all’arbitrio? Macché: la narrazione si è risolta nell’amplificare a dismisura la reazione del Pd sul «decreto fuffa» o sullo «spot elettorale». Senza ricordare – sperare che qualcuno fra costoro lo chieda ad Elly Schlein è troppo, che lo sfascio della sanità regionale, che grava soprattutto sul Mezzogiorno, deriva proprio dalla regionalizzazione sgangherata imposta dalla sinistra con la riforma (a colpi di maggioranza) del titolo V della Costituzione.
“A pochi giorni dal voto arrivano con un testo vuoto sulla sanità, dove non ci mettono i soldi. L’esponente Dem rivendica invece di “aver fatto proposte concrete” per il provvedimento sulla sanità che ha presentato il Pd. E parlando dell’accordo tra Rama e Meloni, Schlein ha sottolineato che l’intesa andrà ben oltre la spesa di 600 milioni previsti, perché “questa proposta ci costerà 800 milioni che avrebbero potuto mettere sulla sanità”.
E che dire di Caivano? Il tentativo, anche qui, è stato quello di spostare i riflettori dai fatti alla polemica. La notizia è il«miracolo», così lo ha definito don Patriciello: ossia la rinascita del centro sportivo strappato alla camorra e al degrado e consegnato, come promesso dalla premier, alla cittadinanza. Non potendo negare ciò il “commentatore unico” che cosa ha escogitato? Ha pensato bene di fare leva (polemica) sulle celebrazioni del 50° anniversario della strage di Piazza della Loggia: «Perché il governo non era a Brescia accanto al presidente Mattarella?», è stato il motivetto velenoso. Fake news: il governo c’era eccome, con il ministro dell’Università Bernini. Ma la realtà, a certa narratori, non importa: l’obiettivo era spostare l’attenzione da Caivano per fomentare un’incresciosa e strumentale contrapposizione fra le due cerimonie, dunque indirettamente fra il Quirinale e Palazzo Chigi.
In questo capovolgimento scientifico del racconto non si riscontra, in fondo, niente di nuovo. Se i fatti non si adeguano alla teoria sinistra, di sinistra, tanto peggio per i fatti…