Emergenza migranti, Paolo Mieli: “Questo problema non si risolve con le ricette immediate. Quando Meloni prende i toni da combattente stia attenta perché rischia il ridicolo. Io li capisco Meloni e Salvini, certe cose le devono dire per appagare il proprio elettorato”.
“Serve un blocco navale, i cittadini si aspettano dal governo che adempia ha quanto ha promesso in campagna elettorale”. Enrico Michetti dopo la rovinosa sconfitta incassata nel tentativo di conquistare il Campidoglio per la destra si è dimesso dal Consiglio comunale ed è letteralmente sparito dalla scena nazionale. Non da quella di Roma, alla quale arringa più volte a settimana sulle onde di Radio Radio, la popolarissima emittente capitolina che l’ha lanciato e alla quale è tornato. Condito da una serie di mani avanti, di generici apprezzamenti all’esecutivo e al suo lavoro, qualche giorno fa il tribuno dell’etere si è speso in un durissimo monologo contro l’immigrazione incontrollata, avanzando a più riprese dubbi sulla linea troppo prudente portata avanti dall’esecutivo.
È l’ennesima delle voci che da destra iniziano sempre più spesso a criticare l’operato di Meloni e dei suoi. Con vari livelli di scontento e diverse sfumature, finora solo gocce su una roccia che appare granitica, ma che a lungo andare potrebbero scavare un solco nel consenso e nella reputazione della premier. Le parole di Michetti sono tanto più un segnale se si considera che la sua candidatura a Roma è stata fortemente voluta dalla sorella Arianna, che ha imposto di fatto un nome nuovo mentre il centrodestra litigava e si arrovellava, e che il rapporto tra i due si racconta sia rimasto solido nonostante la disastrosa campagna elettorale passata a parlare dei fasti dell’Antica Roma.
La linea che prevale è sempre la stessa ed è dentro le coordinate imposte dagli scenari sovranazionali, tra Unione Europea, Patto Atlantico, Nato e Usa, indirizzo economico nel segno di Draghi e della Banca centrale europea, conformità al mainstream”. Nessuna svolta epocale, nessun pugno sbattuto a Bruxelles, nessuna inversione di rotta rispetto al passato: è l’elettorato che più fa dell’essere di destra una propria identità ad iniziare a dubitare che Meloni sia una valida interprete dei propri desiderata.
Nelle chat e nei gruppi Telegram il partito di Meloni ha goduto di grande considerazione e apprezzamento quando era l’unica opposizione a battagliare contro le misure adottate prima da Giuseppe Conte e poi da Mario Draghi, una delle fette di consenso che hanno portato Fdi a superare il proprio bacino storico e ad affermarsi come primo partito. Ma quel capitale politico è andato totalmente disperso. In uno degli ultimi post di uno dei principali gruppi di quella galassia, animato da quasi 70mila iscritti, gli amministratori hanno condiviso un manifesto elettorale che ritrae la presidente del Consiglio accanto allo slogan: “Pronti a risollevare l’Italia”. Il commento è lapidario: “Ormai è un meme”. Le risposte sono tutte dello stesso tenore, la più apprezzata le riassume perfettamente: “Si è fatta mettere in mezzo, ha ossequiato e adulato l’establishment e voltato le spalle a chi l’ha votata”.
La strada che molti intravedono per Fratelli d’Italia, quella della trasformazione in un moderno partito conservatore che rappresenti il consenso, anche moderato, raccolto nelle ultime tornate elettorali e che non sia espressione solo del nucleo storico al di là del quale ormai è tracimato, sembra per il momento essere stata messa in naftalina dalla premier.