Il 22% degli animali migratori nel mondo è a rischio estinzione: così recita il primo, preoccupante rapporto dell’Onu sull’argomento, intitolato “State of World’s Migratory Species”. Delle 1200 specie censite, quindi, ben 240 rischiano di sparire per sempre a causa di una mancata collaborazione mondiale nel combattere il riscaldamento globale. Perché oltre a fornire informazioni su un futuro che nessuno vorrebbe mai vivere, il rapporto parla chiaramente di responsabilità nazionali riguardo la sopravvivenza degli animali che compiono le così dette “grandi migrazioni”.
Uccelli, libellule e farfalle monarca, ma soprattutto pesci e mammiferi marini: sono questi ultimi a correre il rischio più grande. Potremmo perdere ben il 97% delle specie migratorie marine, se non si lavora immediatamente per proteggere “un tesoro naturale condiviso”, come recita il rapporto.
L’auspicio è, da molti anni a questa parte, quello di riuscire a raggiungere il “net zero” (un perfetto equilibrio tra le quantità di gas serra emesso e quelle asportate dall’atmosfera) in tutti i paesi del mondo ed entro il 2030, nonostante Cina ed India si siano concesse qualche anno in più per raggiungere il tanto agognato e necessario obiettivo. Perché più le temperature si alzano, più gli animali allungano i loro viaggi (in alcuni casi già lunghissimi) per andare incontro a latitudini con condizioni metereologiche più consone alle loro esigenze, più tendono a sostare in habitat poco sostenibili per loro.
Comparando le caratteristiche dei paesi che hanno già raggiunto il “net zero” con quelle del territorio italiano, ne consegue che l’Italia (per quanto non potrà mai raggiungere la loro stessa valenza ecologica) può davvero diventare un polmone verde al centro del Mediterraneo: leggi ancora più ferree per la tutela del ricchissimo patrimonio naturale (24 parchi nazionali, per una copertura di 1,5 milioni di ettari a terra e 71 mila ettari sul mare) potrebbero, già da sole, fare la differenza.
Il rapporto dell’Onu si conclude con una serie di misure e raccomandazioni per tentare di arginare il fenomeno, tra cui quella di dare la denominazione di “area protetta” a tutti quei luoghi scelti dagli animali migratori per riprodursi. “Aree di Biodiversità Fondamentali”: sono 10.000 in tutto il mondo, ma più della metà non vengono protette dai governi nazionali in cui si trovano.
Tra le ultime raccomandazioni, di nuovo (perché non si ripeterà mai abbastanza), quella di iniziare a collaborare in maniera responsabile e consapevole. Creare un network che, se non siamo in grado di creare per noi stessi, l’Onu si augura saremo in grado di farlo per gli animali.
di Alice Franceschi