Il caro energia sta colpendo pesantemente le imprese italiane del commercio, della ristorazione, della ricettività e dei trasporti con effetti maggiori rispetto ad altri Paesi. Per l’elettricità, infatti, alberghi, bar, ristoranti e negozi pagheranno quest’anno una bolletta quasi doppia rispetto alla Francia e tra il 15 e il 20% in più della Germania; sugli autotrasportatori pesa, invece, il raddoppio del costo del metano per autotrazione e una maggiore spesa annua per il gasolio di circa 10mila euro per ciascun mezzo pesante. E’ quanto si legge in una nota di Confcommercio che, in collaborazione con Nomisma Energia, ha elaborato l’impatto del caro energia nel 2022 sulle imprese del terziario di mercato. Sono dunque sempre più urgenti misure strutturali: dalla riduzione della dipendenza dalle forniture estere alla riforma della struttura della bolletta elettrica, anche affrontando il nodo degli oneri generali di sistema. Ma servono anche interventi sulla fiscalità energetica a favore delle imprese del terziario di mercato, come la riduzione dal 22% al 10% dell’aliquota Iva sulle bollette elettriche – allineandola così a quella già prevista per gli altri settori produttivi e per le famiglie – e del peso di accise ed Iva sui carburanti. E va anche attentamente valutato l’impatto del pacchetto europeo ‘Fit for 55′ in termini di costi di transizione.
La crisi energetica che sta investendo l’Europa – prosegue la nota – si sta scaricando in maniera disomogenea sui singoli Paesi, da una parte per la loro diversa esposizione ai mercati internazionali, dall’altra per le differenti modalità di intervento nel tentare di contenere le tariffe. E l’Italia, purtroppo, prosegue, è il Paese che è messo peggio, non solo per la maggiore esposizione ai mercati internazionali, in particolare a quelli che hanno registrato un”esplosione’ dei prezzi del gas, ma soprattutto perché il governo italiano, a differenza di altri Paesi, ha pochi strumenti per potere intervenire in quanto le sue azioni finiscono per scaricarsi su un debito pubblico già molto alto. La Francia è intervenuta limitando l’aumento delle tariffe grazie al nucleare, mentre la Germania, che ha molto carbone, ha avuto aumenti inferiori perché meno esposta al forte aumento dei prezzi del gas. Ed entrambi i paesi possono destinare maggiori risorse di bilancio a compensazione degli aumenti. Per queste ragioni in Italia i prezzi dell’elettricità per le imprese sono cresciuti più che negli altri paesi. Un confronto fra un campione di attività tipiche in Italia con le stesse attività in Francia e Germania, a parità di consumi di elettricità, permette di evidenziare l’ampio svantaggio delle attività commerciali e turistiche italiane. Ad esempio, un albergo di medie dimensioni in Italia quest’anno, con i prezzi del gennaio 2022, pagherà una bolletta elettrica di 104 mila euro, il doppio rispetto alla Francia e oltre il 21% in più della Germania. Un ristorante in Italia avrà una bolletta elettrica di 13.650 euro, quasi il doppio rispetto ad una simile situazione in Francia e il 15% in più della Germania. Differenziali simili si riscontrano anche per i negozi e per i bar. Le misure fino ad ora decise dal Governo italiano hanno potuto poco nel limitare l’ampio divario di costo che le imprese commerciali e turistiche devono sopportare.
Per i trasportatori, osserva Confcommercio, la crisi energetica ha comportato addirittura un raddoppio, in un anno, del costo del metano per autotrazione che e’ passato da valori, stabili da anni, intorno a 1 euro per Kg fino agli attuali valori di quasi 2 euro. Questo incremento ha, quindi, reso inutilizzabile l’unica alternativa al gasolio nel trasporto pesante, il gas naturale liquefatto, con molti mezzi puliti alimentati con questo carburante costretti a rimanere fermi nei piazzali. Negli ultimi mesi, inoltre, stanno salendo anche i prezzi del petrolio che trascinano quelli del gasolio diesel, il prodotto utilizzato dalla logistica italiana. Gli aumenti in un anno sono dell’ordine dei 30 centesimi per litro che hanno portato i prezzi di nuovo verso la soglia di 1,7 euro per litro che non si raggiungeva dal 2012. L’impatto di questo aumento per un autotrasportatore che in 1 anno percorre 100 mila km e consuma circa 33 mila litri di gasolio è di una maggiore spesa di circa 10 mila euro all’anno, prosegue l’analisi. Ma c’è anche un effetto negativo sulla competitività in quanto peggiora il divario con i paesi dell’Europa dell’Est, quelli che più concorrono con i nostri trasportatori e che possono godere di prezzi del gasolio più bassi grazie ad una minore tassazione. E’ bene, infatti, non dimenticare che il livello dell’accisa sul gasolio in Italia è il più alto d’Europa e pari a 617,4 euro per 1.000 litri, a fronte di un limite minimo stabilito dall’Europa di soli 330 euro. Rispetto a un concorrente di un Paese partner come la Polonia, che si è attestato su livelli di tassazione coincidenti con i minimi europei, questo si tradurrebbe, per un autotrasportatore italiano tipo, in un aggravio di costo su base annua di circa 9.500 euro per ciascun mezzo pesante. Soltanto grazie al beneficio del gasolio commerciale (i rimborsi parziali delle accise previsti per gli autotrasportatori con mezzi meno inquinanti), lo svantaggio competitivo in termini di maggiori accise per ciascun veicolo viene ridotto a un valore, comunque non trascurabile, di circa 2.500 euro annui. Per la competitività del comparto nazionale, preoccupa, quindi, seriamente la proposta di modifica della Direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici – ricompresa nel pacchetto ‘Fit for 55’ – che intende superare tale regime di agevolazione.