Massacrò la fidanzata a coltellate, Rossi si è impiccato in carcere

“È stata una tragedia annunciata”. Commenta così il suicidio in carcere di Stefano Rossi il suo legale, l’avvocato Stefano Molinari. Rossi massacrò con decine di coltellate nel parco a Parma, 28 marzo 2006, Virginia Fereoli, studentessa 17enne, per averlo respinto, ma la sua furia non si fermò e subito dopo sparò e uccise Andrea Salvarani, tassista, per rubargli l’auto. Condannato all’ergastolo, il giovane non ha resistito, si è impiccato in carcere.

Il suo legale pochi giorni prima aveva chiesto che gli fosse riconosciuta l’incapacità di intendere e volere, ma questa fu respinta.

”Nonostante ogni buona intenzione da parte dell’Amministrazione penitenziaria quella delle morti in carcere resta un problema insoluto e, probabilmente, irrisolvibile”, denuncia Giovan Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe. Oltre al sovraffollamento, vi è la mancanza anche di personale.

Il suicidio del pluriomicida è solo uno dei tanti, insieme alle aggressioni, ai gesti di autolesionismo e danneggiamento a beni dell’ Amministrazione che gli agenti penitenziari sono costretti a vedere ogni giorno, superano i 200 al giorno. Giovan Paolo, presidente del Forum della Sanità Penitenziale afferma che, ”Non c’è solo un problema di sovraffollamento, ma anche di qualità del lavoro per gli agenti penitenziari. Ne mancano circa 6 mila, ma ne verranno reintegrati solo 2 mila. Inoltre  bisogna lavorare sul fronte degli educatori, degli assistenti sociali, per i quali da anni non viene bandito un concorso. Dunque sarebbe importante, in prima istanza, applicare le norme che già esistono nel nostro Paese”.

 

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