La sconfitta legge Zan, in una lettura classica, mostra un Parlamento che non regge il passo della società che, a detta dei mediaticamente sostenuti, è vecchio. Peccato che non colgano che il sostegno a questa legge era un fatto sbagliato, erroneo e fuorviante.
Enrico Letta, ovviamente a pezzi, deve cogliere che la destra fa accodare Italia Viva, mentre lui insegue diritti non riconosciuti e sogna che il popolo sia con lui.
Letta ‘il limpido’ intravede una definitiva rottura con Italia Viva ed è felice ascoltando a Radio Immagina (la web radio del Pd), che gli giungono tantissime richieste di rompere con Matteo Renzi.
Letta, che spacca anche le castagne, coglie due discorsi in uno.
Il primo è quello intriso di amarezza per come sono andate le cose, per il tradimento di ‘quelli che hanno seguito Matteo Salvini e Giorgia Meloni’ per fare ‘giochini politici sulla pelle delle persone’, ovvero Renzi e Forza Italia che ha preferito Viktor Orbán a Ursula Von der Leyen. I numeri, dice a se stesso, ‘ci sarebbero dovuti essere’ ma poi qualcuno ha disertato dietro lo scudo del voto segreto.
Al contempo è comunque felice perché il risultato parla agli elettori distratti spiegando, in una logica binaria, chi sta di qua e chi sta di là. Ovviamente poi, e di conseguenza, il Parlamento descrive arretratezza culturale e immoralità. La logica conseguenza democratica dovrebbe imporre sane richieste di elezioni immediate. Ma Letta non le può avanzare perché c’è Mario Draghi a Palazzo Chigi.
Letta non coglie che asseconda nei suoi pensieri un Paese sempre più lontano dalle istituzioni e dalla politica portando aria e legna al fuoco dell’antipolitica, realtà che può bruciare anche il Partito democratico che non può cavalcare l’onda antiparlamentare.
Non coglie poi che in Parlamento non poteva fissare la bandiera della legge Zan malgrado tutte le risapute difficoltà, anche a rischio, come si è verificato, di uno smacco parlamentare e dove peraltro si ha intenzione di tornare con una nuova Zan sotto forma di legge di iniziativa popolare.
Letta spara su tutti ma è al governo insieme con Italia viva, Forza Italia e Lega, chiaramente traditori e oscurantisti.
Enrico Letta pensa di sfuggire alle contraddizioni affermando che la società sia più avanti del Parlamento, che non è lo specchio del Paese, e la riscossa arriverà con le elezioni del 2023. La sua piattaforma, politica e culturale, in questo modo sarà improntata sul nuovo contro il vecchio, cadendo nel rischio di contrapporre il popolo buono alla politica cattiva, nella qual cosa si annida il girotondismo dei primi anni del secolo sfociato poi nel populismo grillino.
Il girotondismo era composto da movimenti di cittadini costituitisi nel 2002 nelle maggiori città italiane, con diverse denominazioni, in nome della difesa dei princìpi di democrazia e legalità. La loro nascita viene fatta risalire a Milano il 26 gennaio 2002, in occasione di una manifestazione di fronte al Palazzo di Giustizia.
I girotondi erano generalmente considerati movimenti ‘di sinistra’ per la loro forte opposizione alla politica del governo in carica all’epoca, presieduto da Silvio Berlusconi; essi hanno tuttavia manifestato forti critiche anche ai partiti di sinistra, ritenendoli troppo blandi o compiacenti verso Berlusconi; per questo sono stati oggetto di attacchi da parte di politici come Massimo D’Alema. I girotondi, tuttavia, hanno coinvolto in maniera trasversale, rispetto ad una classificazione destra-sinistra, persone sensibili ai valori base della democrazia, della costituzione, della giustizia e della libertà di informazione.
Il termine deriva dal fatto che il movimento iniziò a manifestare creando girotondi attorno alle sedi di istituzioni e servizi pubblici ritenuti a rischio e dunque da difendere. Si comincia con la giustizia e dunque con girotondi intorno ai Palazzi di Giustizia; poi tocca all’emittenza televisiva di Stato, dunque girotondi attorno alle sedi della Rai, ed altro.
Si ricorda la manifestazione organizzata a Roma a Piazza Navona dal comitato parlamentare di centrosinistra. Sono presenti in 4.000 e sul palco c’è la dirigenza della coalizione di opposizione de L’Ulivo. A fine serata prende parola il regista Nanni Moretti che, a sorpresa, attacca la dirigenza nazionale dell’Ulivo. Il suo grido fa il giro d’Italia e trova tanta solidarietà fra i militanti di sinistra. 15 giorni dopo, Moretti e altre 6.000 persone organizzano un girotondo attorno al Palazzo di Giustizia di Roma. C’è anche qualche politico come il segretario nazionale del Partito dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto, che spiega: ‘A questa manifestazione abbiamo innanzitutto partecipato come cittadini indignati per quanto sta accadendo e poi come dirigenti politici. La grande riuscita di questa iniziativa vuol dire che vi è ancora molta voglia di combattere per una giustizia uguale per tutti e contro l’involuzione autoritaria del nostro paese’.
Il girotondismo prese coraggio e iniziò ad organizzarsi. Non aveva delle vere ambizioni elettorali, ma sperava di essere il pungolo necessario per rivitalizzare il centrosinistra uscito sconfitto dalle elezioni politiche del 2001.
Fosse che fosse che Enrico Letta, forse, ha in mente un Nuovo Ulivo e stia alimentando suoi girotondi mentali che vedono complotti, trame, giochini, tradimenti – buoni contro i cattivi – dando per scontato, nel caso specifico, che i renziani abbiano tutti e 12 votato per la tagliola e pazienza se degli altri voti mancanti il segretario non parla, né si pone il problema che il suo Nuovo Ulivo è già senza linfa, ma almeno ora tutti sanno che ‘il Pd sta dall’altra parte’.
Da portare nelle piazze, magari attraverso girotondini, chiaramente immacolati, decuplicati attraverso i social mentre cantano: ‘Giro giro tondo, com’è bello il mondo, gira la terra ma Enrico casca in terra…’. Non si parlerà più di cerchi magici ma di giri magici, di girotondi magici, tutti i buoni per mano a sbarrare l’ingresso a cattivissimi, cattivi e cattivelli…