Etro, tra Massimo Giletti , audience e Potito Perruggini

«Raimondo Etro è palesemente uno squilibrato. Facebook, non si capisce per quale assurdo motivo, gli permette di avere una pagina aperta dove scrivere parole indicibili, violente e di una brutalità vergognosa. Che la persona in questione sia un disturbato che dovrebbe essere curato è talmente evidente che non si spiega però come un professionista come Giletti sia potuto cadere nella sua rete. Lo sgambetto era dietro l’angolo». Sono le parole di Potito Perruggini. È il nipote di Giuseppe Ciotta, il brigadiere della polizia ucciso a Torino nel 1977 da Prima Linea. In questo modo commenta la partecipazione dell’ex brigatista Raimondo Etro al programma di Massimo Giletti “Non è l’Arena”. Lancia l’ipotesi che «il povero terrorista» sia solo stato usato per «fare audience».

«Perché dare tanto spazio a Etro?»

«Peccato che lo stesso brigatista abbia detto quello che stavano pensando in tanti», aggiunge Perruggini facendo riferimento alla frase pronunciata in studio da Etro “meglio mani sporche di sangue che di acqua”, frase per cui è stato poi cacciato dalla trasmissione. «Perché si è dato tanto spazio e quindi potere a quest’uomo? Solo per fare audience o c’è dell’altro?», si chiede il presidente dell’Osservatorio nazionale per la verità storica “Anni di Piombo”.

Le domande sulla vita di oggi di questi terroristi (mai ex perché non ci sono ex vittime) sono tante ma nessuna trasmissione ha il coraggio di indagare fino in fondo, purtroppo! Io so solo che il killer (anche di mio zio Giuseppe Ciotta) Enrico Galmozzi viene protetto e ha la possibilità di scrivere e pubblicare cose inaudite. «A loro è concesso tutto! Ma le Procure in tutto questo perché non si muovono? Perché non svolgono il loro ruolo in merito a questi “soggetti”? Forse a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina.

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