Europa e Tajani: ‘Bisogna allargare la maggioranza, il Ppe apra ai Conservatori e non ai Verdi’

«All’Italia venga riconosciuto il ruolo che le spetta». Ruolo legittimato a furor di popolo. E l’Europa «comprenda il messaggio che le è arrivato dai cittadini europei, che chiedono pragmatismo e un approccio meno ideologico». Messaggio rappresentativo della volontà dei popoli dei 27. Nelle dichiarazioni di Giorgia Meloni, sono questi i due passaggi salienti – i due consigli sinceri – riguardo al destino prossimo dell’Unione europea. Gli elettori hanno disegnato una nuova architettura “politica” dell’Europa: sta ai leader adesso, ha fatto intendere la premier italiana, costruirci intorno l’ingegneria. Non il contrario.

Le indicazioni giunte “dal basso”, del resto, sono precise come mai accaduto prima: il vecchio asse franco-tedesco è stato giudicato come la somma di due egoismi mal concepiti e non come il motore politico-economico dell’Unione. I rispettivi capi di Stato e di governo, Emmanuel Macron ed Olaf Scholz, sono stati bocciati senza appello dalle opinioni pubbliche nazionali. L’Italia dunque, terza economia governata dall’unico esecutivo dell’Ue premiato dal voto, ha il diritto-dovere di interpretare il proprio mandato anche in chiave comunitaria.

È chiaro: dalle elezioni Europee è giunto un mastodontico messaggio politico che non può risolversi – nonostante ciò che affanno a declamare certi analisti – in una questione aritmetica. Detto in altri termini: l’idea che il fenomeno Meloni, che il ciclone Le Pen, che la sconfessione dell’agenda green e del dirigismo di Bruxelles possano risolversi in una blindatura dello status quo, in una somma di sconfitti “più il Ppe”, è un’illusione pericolosa.

Pericolosa non certo per i fantomatici esclusi: la premier italiana e la madrina della destra francese hanno dimostrato, nei differenti compiti, di sapere interpretare le esigenze e ottenere molto nonostante il ruolo di opposizione alla Commissione uscente. L’illusione, invece, è estremamente pericolosa proprio per il destino dell’Ue: perseverare in una rotta politica sconfessata da tutto l’equipaggio, immaginare di poter governare il destino dell’Ue al di sopra di ogni legittimazione, pensando di poterlo fare in un mondo in tempesta, è sì la più anti-europea delle tentazioni.

“All’Italia serve un commissario di peso che sia vicepresidente, il Ppe apra ai conservatori”,  ha detto in un’intervista alla Stampa il vicepremier Antonio Tajani, riferendosi alle nomine in Ue e ai futuri assetti politici della governance europea dopo il voto di giugno. Secondo Tajani è vero che in Parlamento in teoria ci sono i numeri per eleggere von der Leyen ”ma bisogna allargare la maggioranza, ai Conservatori e non ai Verdi. Le elezioni hanno parlato chiaro: sull’ambiente serve una terza via, che non sia negazionista, ma nemmeno estremista come quella di Greta Thumberg e Franz Timmermans. E quindi non ci si può alleare con i verdi. Giovedì al summit del partito porterò questa posizione e spero che passi”.

Il vicepremier italiano sottolinea che “Meloni guida un governo con tre forze che la pensano diversamente, conosce la nostra posizione, noi siamo per il secondo mandato di Ursula von der Leyen, poi sarà lei a trovare una sintesi che rappresenti anche le nostre idee. Le trattative le sta facendo lei, come è giusto che sia, ma è ovvio che le nostre posizioni la rafforzano nel negoziato”.

Tajani si dice poi convinto che in Francia presidente resterà Macron. “Non faccio pronostici, ma auspico che prevalgano le forze europeiste”. Marine Le Pen? “Ha fatto bene a cacciare i tedeschi di Afd, ma le sue idee sulla Nato e sull’Unione europea restano lontanissime dalle mie. Posizioni inconciliabili”. Infine, l’autonomia differenziata. “C’è un’esigenza di rassicurare. Io capisco benissimo le preoccupazioni del Sud, ma Forza Italia, prima al Senato e poi con gli ordini del giorno approvati alla Camera, è già intervenuta per migliorare la legge. Noi avevamo lasciato una sorta di libertà di coscienza su questo tema. L’indicazione del partito era di votare sì, loro hanno deciso di non votare. Ma i numeri per approvare il ddl c’erano in ogni caso. Sono emerse preoccupazioni che io comprendo benissimo e alle quali voglio rispondere. Al prossimo Consiglio nazionale proporrò l’istituzione di un osservatorio sulle Regioni, formato dai capigruppo, i presidenti di Regione e la ministra Maria Elisabetta Casellati che dovrà monitorare il percorso della legge e controllare che i nostri ordini del giorno votati in Parlamento siano applicati. Vogliamo vigilare”.

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