Via libera al primo caso in Italia di suicidio assistito dal comitato etico dell’Asl delle Marche (Asur). Si tratta di un un 43enne, paziente tetraplegico immobilizzato da 11 anni. L’ok è arrivato dopo due diffide legali all’Asur e l’aiuto offerto dall’ associazione Luca Coscioni. “Il comitato etico ha esaminato la relazione dei medici che nelle scorse settimane hanno attestato la presenza delle 4 condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Capato-Dj Fabo, ovvero Mario ( il nome di fantasia per indicare il paziente) è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e che non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda. E’ molto grave che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata, l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito”, ha dichiarato l’avvocato Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni e codifensiore di Mario.
“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”. Questo, rende noto l’Associazione Coscioni, il commento di Mario dopo aver letto il parere del Comitato etico. “Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno – dice in un video – può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni”, e “condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati”.
La sentenza della Corte Costituzionale numero 242 del 22 novembre 2019 ha aperto la strada al suicidio assistito, sia pure circoscrivendolo con paletti molto rigorosi. La sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio a patto che questo si sia formato autonomamente e liberamente da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La persona deve essere affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputi intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.