Evasione fiscale e ‘Ufficio Valutazione Impatto del Senato’

I numeri  emersi dall’ultimo rapporto elaborato dall’Ufficio Valutazione Impatto del Senato in collaborazione con l’università Ca’ Foscari di Venezia ci dicono  che i miliardi  occultati agli occhi del Fisco sono diventati 132, causando una perdita  pari a 38 miliardi l’anno. Gli evasori più incalliti sono i percettori di rendite immobiliari (affitti, ed altro.) Per loro il tasso di evasione stimato è del 65%. Seguono i redditi da lavoro autonomo e di impresa per i quali il tasso scende al 37%. Ultimi  i lavoratori dipendenti. Qui – conferma il Rapporto – il tasso di infedeltà fiscale precipita ad un risibile 3%.

Fa un certo effetto leggere questi dati mentre impazza una  rincorsa di promesse elettorali in materia fiscale. Quello che occorrerebbe invece è dire agli elettori come stanno esattamente le cose, e cioè che le tasse sono alte perché è troppo alto il livello di infedeltà fiscale. In altri termini, a subire la crescita della pressione fiscale sono innanzitutto i contribuenti che il Fisco conosce bene perché costretti alla fedeltà fiscale dal prelievo operato alla fonte dal Sostituto d’imposta ed i consumatori che pagano le imposte indirette. Chi invece può farsi da solo la dichiarazione dei redditi può giocare a rimpiattino con il Fisco sottostimando il reddito, occultando l’IVA e così via, salvo poi maledire Equitalia quando viene scovato ad evadere.

In definitiva il Rapporto di Palazzo Madama dovrebbe essere adoperato per sollecitare una maggiore sobrietà nei toni e nei contenuti della campagna elettorale, anche per riproporre la necessità e l’urgenza di un serio discorso su una riforma fiscale che rechi le stimmate dell’equità e della fedeltà fiscale.

Ridurre la pressione fiscale è sicuramente necessario, ma per farlo in maniera efficace, cioè mantenendo un gettito complessivo aderente agli impegni complessivi dello Stato,  e al tempo stesso socialmente sostenibile,  occorrerebbe innanzitutto ridurre il prelievo sui redditi da lavoro dipendente, a cominciare da quelli medio-bassi. Poi occorrerebbe operare una chiara distinzione all’interno della fascia grigio-scura dell’evasione e dell’elusione.

C’è chi ha smesso di pagare assiduamente le tasse semplicemente perché non può più farlo. La lunghissima crisi di questi anni ha sospinto ai margini strati cospicui di ceto medio che no ce la fanno più. E’ l’artigiano che non può più tirare avanti con il lavoro; è il titolare della piccola impresa che si indebita per fare fronte alle spese che corrono perché magari il pagamento delle commesse non arriva; è il piccolo commerciante che deve chiudere perché per lui – di fronte alla potenza delle grandi catene di distribuzione – non c’è più spazio.

C’è infine la quota di evasori che lo fanno per deliberata disonestà. L’evasione deliberata è nota nelle sue dimensioni ed è lì che occorre intervenire. Perché nessuno dei protagonisti di questa campagna elettorale ha il coraggio di dire che la prima vittima dell’evasore disonesto non è lo Stato, ma è il contribuente che le tasse le paga tutte?.  Sarebbe un segno di grande maturità ma e impropabile  che  possa accadere.

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