Fabrizio Gifuni dal 17 al 23 febbraio 2020 e 15/2 h 19 Moro 2020 al Teatro Vascello di Roma

Dal 17 al 23 febbraio 2020

FABRIZIO GIFUNI

 

Lunedì 17 febbraio 2020 h  21

Fabrizio Gifuni

Fatalità della rima

Fabrizio Gifuni legge Giorgio Caproni

ideazione e drammaturgia, Fabrizio Gifuni

 

Fabrizio Gifuni ci accompagna da anni in un sorprendente viaggio nel multiforme corpo della lingua italiana.

Le “officine di lavoro sempre aperte” di Gadda e Pasolini, ma anche il mondo di Pavese o la “carne che si rifà verbo” nella dirompente forza della lingua di Testori. Senza mai dimenticare Dante.

A questo spartito appassionato e vitale non poteva mancare la musica leggera e profondissima di Giorgio Caproni.

Un’incursione nella selva acuta dei suoi pensieri, nella fatalità della rima, nelle segrete gallerie dell’anima di uno dei più grandi poeti del ‘900 italiano.

 

 

dal 18 al 23 febbraio 2020

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

Con il vostro irridente silenzio

Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro

ideazione e drammaturgia di Fabrizio Gifuni

 

 

 

Aldo Moro durante la prigionia parla, ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Moltiplica le parole su carta: scrive lettere, si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni; annota brevi disposizioni testamentarie. E insieme compone un lungo testo politico, storico, personale – il cosiddetto memoriale – partendo dalle domande poste dai suoi carcerieri.
Le lettere e il memoriale sono le ultime parole di Moro, l’insieme delle carte scritte nei 55 giorni della sua prigionia: quelle ritrovate o, meglio, quelle fino a noi pervenute. Un fiume di parole inarrestabile che si cercò subito di arginare, silenziare, mistificare, irridere. Moro non è Moro, veniva detto. La stampa, in modo pressoché unanime, martellò l’opinione pubblica sconfessando le sue parole, mentre Moro urlava dal carcere il proprio sdegno per quest’ulteriore crudele tortura. A distanza di quarant’anni il destino di queste carte non è molto cambiato. Poche persone le hanno davvero lette, molti hanno scelto di dimenticarle.
I corpi a cui non riusciamo a dare degna sepoltura tornano però periodicamente a far sentire la propria voce. Le lettere e il memoriale sono oggi due presenze fantasmatiche, il corpo di Moro è lo spettro che ancora occupa il palcoscenico della nostra storia di ombre.
Dopo aver lavorato sui testi pubblici e privati di Carlo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini, in due spettacoli struggenti e feroci, riannodando una lacerante antibiografia della nazione, Fabrizio Gifuni attraverso un doloroso e ostinato lavoro di drammaturgia si confronta con lo scritto più scabro e nudo della storia d’Italia.

 

Prezzi intero € 26, ridotto over 65 €19, ridotto under 26 €16, gruppi studenti €13 persona info 065898031  promozioneteatrovascello@gmail.compromozione@teatrovascello.it

 

SABATO 15 FEBBRAIO | ORE 19:00

INGRESSO LIBERO (fino ad esaurimento posti)

Il Gruppo Storia di “Grande come una città” presenta:

MORO2020 | L’eredità delle parole e del corpo di Aldo Moro nella nostra storia.

Dibattito con Marco Damilano, Miguel Gotor, Fabrizio Gifuni, Francesco Biscione, Christian Raimo e Ilaria Moroni.

 

La mattina del 16 marzo 1978 in cui le Brigate rosse rapirono Aldo Moro, si votava la fiducia al quarto Governo presieduto da Giulio Andreotti. Per la prima volta il Partito Comunista partecipava alla maggioranza parlamentare che avrebbe sostenuto l’esecutivo. Ed era stato Moro a gestire l’accordo.

 

Il 1978 è stato un anno cruciale per la Repubblica, forse l’anno finale per quel progetto politico e sociale immaginato dalla costituzione, o almeno è così per alcuni storici e politologi che ritengono che una vera Seconda Repubblica non sia mai riuscita a nascere dalle ceneri di quella crisi. Vera è la constatazione che con Aldo Moro non sia morto solo l’uomo e nemmeno solo il politico. Ma una parte della nostra identità collettiva.

L’effetto delle parole di Moro, delle sue lettere, del memoriale, l’effetto del suo corpo prima in prigione, poi cadavere nel bagagliaio della Renault 4, rimangono come tracce fantasma che non smettono di infestare ogni possibile confronto pubblico, hanno una potenza spettrale come quella del padre di Amleto.

 

A distanza di quarant’anni, proprio come in un monologo shakespeariano, Fabrizio Gifuni rilegge in uno spettacolo evocativo e potente (in scena al Teatro Vascello dal 18 al 23 febbraio) quelle lettere e quel memoriale. “Con il vostro irridente silenzio” è una delle espressioni che Moro usa per congedarsi dai quei vivi che sono stati i suoi colleghi di partito, la classe politica con cui ha condiviso ogni istante della sua esistenza. Prossimo alla morte, consolato solo da affetti privati, Moro concentra su di sé la crisi di una Repubblica che non finisce di finire.

 

 

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