Il neoministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, già qualche mese fa affermava in diverse interviste che le famiglie arcobaleno ‘non esistono’, spingendo per incentivare le nascite e disincentivare gli aborti.
Insorge la comunità Lgbt: ‘Parole omofobe, razziste e imbarazzanti’, afferma il segretario nazionale di Arcigay, Gabriele Piazzoni, che chiede al premier Conte di assegnare la delega alle Pari opportunità. Monica Cirinnà, la senatrice che ha dato il nome alla legge sulle unioni civili, afferma al Corriere della Sera: ‘Le famiglie arcobaleno esistono per legge, il ministro Fontana si informi’.
Partecipando entusiasta al Gay Pride di Pompei, Monica Cirinnà invita a ‘dimenticare’ il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana che, a suo dire, rappresenterebbe ‘una minoranza’, da rispettare ma pur sempre una minoranza. In particolare la deputata Pd rispolvera la frase del ministro secondo cui ‘le famiglie arcobaleno non esistono’, omettendo la parte in cui Fontana ha sottolineato che non esistono ‘per la legge’. Non è un caso che dimentichi quella precisazione: quelle tre parole, infatti, rendono l’affermazione di Fontana una verità incontestabile e non un’opinione cui opporre altre opinioni. E questo è un fatto che coinvolge direttamente proprio Monica Cirinnà: la legge sulle unioni civili che porta il suo nome, infatti, ha riconosciuto le coppie dello stesso sesso, ma non le ‘famiglie’ dello stesso sesso.
Dice la Costituzione: ‘La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare’. La legge Cirinnà non parla di matrimoni e, quindi, non riconosce le famiglie. Fontana ha detto una cosa incontestabile. Lo stesso non si può dire della Cirinnà che lo contesta.
Benché il Pd esprimesse la maggioranza parlamentare e il governo, infatti, la sua iniziativa non ha portato al riconoscimento delle ‘famiglie arcobaleno’ propriamente dette perché i loro sostenitori non hanno avuto la forza di farlo. Non erano abbastanza né in Parlamento né nell’opinione pubblica, a partire dallo stesso elettorato del Pd. Per questo alla fine, sotto il governo Pd e con il sostegno della maggioranza di centrosinistra, la legge Cirinnà si è connotata come una legge ‘moderata’, che riconosce sì l’unione di persone dello stesso sesso, ma non conferisce loro la dignità di famiglia così come intesa dalla Costituzione.