Ricette e principio attivo: ecco che cosa cambia, sulla base delle disposizioni contenute nel decreto legge sulla Spending review in corso di conversione, secondo quanto spiega il Ministero della Salute, sottolineando che per la prima volta nella nostra legislazione si parla esplicitamente della prescrizione di un farmaco mediante anche l’indicazione del ‘principio attivo’.In primo luogo, una volta entrato in vigore il provvedimento, “sulla ricetta rossa – spiega la nota del Ministero -, cioè quella dove sono prescritti i farmaci erogati dal Servizio sanitario nazionale, dovrà comparire il nome del principio attivo, cioè il nome della sostanza, contenuta nel farmaco, che possiede proprietà terapeutiche. Questo è già sufficiente perché la ricetta sia valida. Il cittadino con questa ricetta si reca in farmacia e il farmacista gli consegna il farmaco dal prezzo più basso contenente quel principio attivo”. La norma prevede anche che il medico “ha facoltà” di “aggiungere, oltre al principio attivo, anche il nome commerciale di un farmaco, specificando sulla ricetta che esso è ‘non sostituibile’, ma in tal caso deve giustificare la non sostituibilità con una sintetica motivazione scritta. Per esempio può scrivere che il farmaco equivalente deve essere quello prodotto da quella azienda e non da un’altra, perché esso non contiene un eccipiente al quale il paziente in oggetto è allergico. In questo caso il farmacista deve consegnare il prodotto indicato dal medico nella ricetta”.
Il Ministero della Salute sottolinea che queste disposizioni “non riguardano le terapie croniche già in corso. Infatti il legislatore ha evitato di introdurre una normativa che potesse provocare possibili, sebbene rari, inconvenienti, nel corso di una terapia, a causa del passaggio da un medicinale all’altro, sia pur di uguale composizione”. Resta ferma la possibilità per il paziente, già prevista dal decreto ‘Cresci Italia’ dello scorso gennaio di “richiedere al farmacista un medicinale, sia equivalente che di marca, con lo stesso principio attivo ma con un costo più alto, pagando a proprie spese la differenza di prezzo rispetto al farmaco meno costoso. Quando al paziente è consegnato il farmaco avente il costo più alto di quello ammesso al rimborso (o perché il medico ha usato la clausola di non sostituibilità, o perché è il paziente a pretendere dal farmacista un medicinale più costoso) la differenza fra i due prezzi è a carico del cliente”. “I medici – conclude la nota – conoscono correttamente i principi attivi dei prodotti farmaceutici. In ogni caso nelle liste pubblicate dall’Aifa i prodotti sono già raggruppati anche per principio attivo”.
(Ansa)