Nuovi farmaci, terapia chirurgica sempre più diffusa e una task force di specialisti esperti dedicati alla ricerca e alla presa in carico dei pazienti. Sono queste le armi per contrastare l’idrosadenite suppurativa sfoderate dai dermatologi della SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia e della Malattie Sessualmente Trasmesse durante il 12° Congresso Annuale della EHSF (European Hidradenitis Supurativa Foundation) organizzato a Firenze e presieduto dalla prof.ssa Francesca Prignano, Professore Associato presso l’Università degli Studi di Firenze e dal prof. Nicola Pimpinelli, Direttore della 1° ad interim e della 2° Unità di Dermatologia presso l’ospedale P. Palagi di Firenze.
L’idrosadenite suppurativa è un vero incubo per i pazienti. È una malattia dermatologica immunomediata che si manifesta con noduli infiammatori, ascessi e fistole a livello ascellare e inguinale e anche quando è lieve o moderata impatta pesantemente sia sulla qualità di vita sia a livello psicosociale. Tra i fattori trigger ci sono il fumo di sigaretta, che facilita l’infiammazione del follicolo pilifero – meccanismo scatenante – l’obesità che rappresenta anche una condizione peggiorativa, poiché provoca una maggiore frizione a livello delle pieghe anatomiche con aumento della sudorazione e un disequilibrio del microbiota cutaneo. Soprattutto è ormai una malattia sempre meno rara: se nel 2019 si stimava una incidenza pari a 3.2 casi ogni centomila persone con circa 2.000 casi all’anno, i dati dell’Osservatorio delle Malattie Rare calcolano attualmente 11.4 casi ogni centomila abitanti. E i numeri sono sicuramente maggiori: il grande imbarazzo che provoca induce i pazienti a rivolgersi al dermatologo con grande ritrosia con una conseguente sottostima del fenomeno e ritardi nelle diagnosi anche di 7 anni. Insomma, è una patologia sempre più diffusa al punto di poterla definire la malattia del terzo millennio tra quelle della pelle.
Dalla kermesse fiorentina, che ha visto la dermatologia italiana in prima fila, è emersa quindi l’urgenza di creare un registro italiano ed europeo per avere maggior contezza della reale incidenza della malattia. Ma anche la necessità di individuare link genici per distinguere i diversi fenotipi della malattia e potenziare gli “scoring systems”, parametri di valutazione della gravità della malattia necessari per facilitare la ricerca in funzione dell’orientamento terapeutico.
“L’individuazione dei link genici consente una migliore caratterizzazione dei vari fenotipi di malattie – afferma la Prof. Prignano, Presidente e promotrice del Congresso – è molto importante ai fini della cura in quanto la patologia si presenta con manifestazioni spesso profondamente diverse; per cui la grande urgenza scientifica è riuscire a tracciarle per un migliore apporto terapeutico, soprattutto per i casi più gravi. Inoltre, spesso all’idrosadenite si associano anche altre patologie dermatologiche come la dermatite atopica, l’acne e la psoriasi. Possono aggravare la situazione le cosiddette comorbidità, patologie associate ad altri organi o apparati come patologie della tiroide, il diabete, forme reumatologiche come l’artrite infiammatoria e malattie infiammatorie intestinali croniche come il morbo di Chron e la rettocolite ulcerosa”.
Sul fronte terapeutico, se per i casi più lievi si spazia dagli antibiotici topici a quelli sistemici, i casi gravi sono trattati con farmaci biologici. “Oltre al già conosciuto Adalimumab, un nuovo principio attivo è il Secukinumab” spiega il Prof. Angelo Valerio Marzano, Professore Ordinario di Dermatologia Università degli Studi di Milano, Direttore UOC Dermatologia Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano: “Secukinumab non è ancora rimborsabile, ma lo specialista può farne richiesta all’ospedale per utilizzarlo in off label, come seconda opzione curativa nei casi in cui il paziente non risponda all’Adalimumab”.
Intanto sempre più spazio acquisisce la combinazione tra farmaci biologici e farmaci biologici e chirurgia, come afferma la Prof. Prignano: “La chirurgia spazia da quella più lieve a quella più radicale. La prima consiste nel drenaggio di ascessi e si limita ad asportazione di aree limitate e può essere eseguita dal dermatologo; la seconda consiste nell’asportazione di intere parti di tessuto che comprendono follicoli piliferi e ghiandole apocrine colpite dall’infezione. Al momento questa seconda opzione viene praticata in Italia solo in alcuni centri specializzati. Ma siamo certi che man mano che la patologia uscirà ‘allo scoperto’ la chirurgia diventerà sempre più protagonista e risolutiva per cui in futuro avremo bisogno di più chirurghi che si occupino di idrosadenite e di dermatologi che si specializzino in questo tipo di chirurgia”.
Ma la punta di diamante della SIDeMaST è la task force di cui i Prof. Marzano e Prignano sono rispettivamente Presidente e Vicepresidente, che prevede la creazione di gruppi polispecialistici sul territorio: “La peculiarità della nostra task force – afferma il Prof. Marzano – è contribuire agli studi internazionali di ricerca basandoci prevalentemente sulla real life. Ecco perché la nostra fonte preziosa sarà sempre più il territorio anche grazie alla creazione di team multidispiclinari composti da dermatologi, chirurghi plastici, ginecologi, gastroenterologi, reumatologici, psicologi, psichiatri che seguiranno i pazienti a 360 gradi.” Inoltre, concludono Prof. Marzano e Prignano, “grazie alla collaborazione con le associazioni di pazienti stiamo progettando una campagna di informazione e sensibilizzazione capillare negli ospedali, nelle scuole superiori, sui social media e sulla stampa. Più la malattia diventa conosciuta, più dati raccogliamo, infatti grazie a questa operazione stiamo approfondendo anche l’idrosadenite in età pediatrica e quella in età over 65 e la correlazione con i tumori”.