In quindici anni, dal 2000 al 2014, in Italia la violenza domestica giunta fino all’omicidio ha prodotto oltre 1.600 orfani speciali. Bambini, ragazzi o anche adulti che hanno perso un genitore per mano dell’altro. Solo nel primo semestre del 2017 i bambini e gli adulti rimasti orfani in questo modo sono 38 di cui 22 minori che hanno visto la mamma uccisa dal papà. Storie terribili che sembrano non finire mai, perché dopo il dolore ci sono la burocrazia, il processo, i diritti che non vengono riconosciuti in automatico ma per i quali bisogna combattere. Da qui l’appello lanciato ieri anche dal presidente del Senato Pietro Grasso a fare presto affinchè sia concluso anche a Palazzo Madama l’iter della legge in favore degli orfani dei crimini domestici. Sarebbe un passo avanti.
Un orfano vive una guerra legata all’omicidio della madre, un terremoto perché deve cambiare tutta la sua vita, la casa spesso è sotto sequestro e non è possibile, almeno per i primi tempi, prendersi le cose e infine subisce anche il trauma del processo.
Nel 27% dei casi si verifica anche il suicidio del padre, quando non è così la durata della pena si aggira, con il rito abbreviato, intorno ai 12 anni e quando questi padri escono o, talvolta, anche dal carcere reclamano i loro diritti.
Attualmente non è automatica la decadenza dalla responsabilità genitoriale a meno che non ci sia un ricorso al Tribunale dei minorenni o un’opposizione da parte del tutore. Un altro esempio: se non passa la legge il minore che voglia cambiare cognome dovrà avere l’autorizzazione del padre. Ci sono storpiature nel sistema, assurdità che la legge correggerà: basti pensare che in alcuni tribunali dei minorenni si è fatto il ragionamento del ‘non è detto che non sia un buon padre.