Intanto alla Fiat il nodo da sciogliere resta l’occupazione. Per questo il problema Fiat è tutt’altro che risolto. Scetticismo e critica esplicita,sono i sentimenti dominanti tra politica e sindacato, dopo l’incontro con il governo. I dubbi riguardano tutti gli aspetti che sono elusi dalla nota congiunta di sabato sera. A partire dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali e dalla strategia da mettere in campo per garantire la continuità di impiego negli stabilimenti italiani, in attesa degli investimenti che potranno arrivare solo con la ripresa del mercato dell’auto.
Le parole più nette sono quelle del leader Pd, Pier Luigi Bersani. “Nonostante gli sforzi del governo, mi pare che il problema Fiat rimanga del tutto aperto. Al tavolo di ieri c’era un convitato di pietra e cioè una nuova stagione di ammortizzatori sociali costosi per i lavoratori e per lo stato, senza una prospettiva sicura”, è la sintesi.
Ma caustico è anche il giudizio dell’ex presidente e amministratore delegato di Fiat, Cesare Romiti: “Non si è combinato niente, il nodo principale resta l’occupazione”, dice all’Adnkronos.
Altrettanto ferma la posizione del leader Udc, Pier Ferdinando Casini, per cui “la Fiat ha avuto dallo Stato aiuti sostanziosi. Noi abbiamo già dato, ora sia la Fiat a dare. L’Italia ha dato alla Fiat più di quanto doveva dare”.
Dubbi anche in casa Pdl. “Prima o poi l’impresa spieghi qual è il progetto sostitutivo rispetto a quello denominato Fabbrica Italia e comunque, dopo il confronto con il governo, ci sia anche un confronto fra l’impresa e i sindacati”, chiede il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto.
E proprio nel fronte sindacale ci si muove con grande cautela. ”Noi abbiamo con Marchionne un incontro a ottobre per fare il punto, ma è innegabile che c’è stata una tempesta. E’ bene che ci sia un incontro, a me non basta un’intervista rilasciata a un giornale”, avverte il leader della Cisl RaffaeleBonanni. Anche se il suo giudizio sull’operato dell’amministratore delegato del Lingotto resta sostanzialmente positivo. ”Che Marchionne abbia salvato la Fiat non vi è dubbio”, dice, così come “ha tutte le attenuanti del mondo per ritardare il Piano Fabbrica Italia”.
Di tutt’altro avviso la Fiom. ”Noi siamo molto delusi perché l’unico documento che abbiamo è solo un comunicato generico”, spiega il responsabile auto Giorgio Airaudo, che chiede al governo di incontrare i sindacati. ”Io penso che sia il governo a doverci dire qualcosa. Vorrei che ci spiegasse le ragioni del comunicato congiunto. La favoletta dei mancati investimenti in tempo di crisi non mi convince. Non capisco come possiamo berci questa favoletta di Marchionne”, insiste. Il leader della Uil, Luigi Angeletti fa riferimento alle parole di Romiti per esprimere tutte le sue perplessita’. “La Fiat deve rischiare un po’ di più, gli imprenditori non possono investire solo quando si vende. Non sentiamo bisogno di tavoli e discussione che servono solo a fare teatro. Serve un confronto serrato per capire quali sono i modelli e quando li vorranno produrre in Italia. Concordo con Romiti, bisogna evitare gli alti e i bassi che non danno certezza all’azienda e ai suoi lavoratori”.
E le certezze da dare ai lavoratori passano anche per gli strumenti che il governo potrà assicurare per garantire la tenuta dell’occupazione negli stabilimenti Fiat. E’ possibile che qualche indicazione in più possa arrivare dalle prossime esternazioni pubbliche dei vertici di Fiat, a partire dall’appuntamento di domani di Marchionne ed Elkann all’Unione industriale di Torino, e dal confronto, atteso in settimana, fra il ministro del lavoro Elsa Fornero e i sindacati. “Ci aspettiamo a breve una convocazione dal governo, perché operai e impiegati in tutta Italia chiedono certezze”, dice il segretario dell’Ugl, Giovanni Centrella: “Servono garanzie precise dal governo, prima ancora che dall’azienda, per riportare una relativa serenita’ tra quanti si sentono a rischio, e non sono pochi”.
Le valutazioni sindacali si intrecciano con quelle propriamente industriali. E Romiti, ex presidente e Ad di Fiat, vuole riportarle in primo piano. “Quello che mi sembra è che quando si risolve la questione con una commissione, con un gruppo di lavoro, mi pare che non si sia combinato niente”, spiega, facendo riferimento al passaggio del comunicato congiunto governo-Fiat in cui si rimanda all’impegno comune delle prossime settimane per favorire la competitività e al gruppo di lavoro al Mise per le strategie di export nel settore auto. Il problema resta quello di fare le auto. “Bisognava pur dire quali sono i programmi e i progetti che la Fiat intende mettere in campo. La Fiat e’ rimasta indietro nell’individuazione di modelli”, ribadisce Romiti.
Occupazione e scelte industriali sono strettamente legate anche nell’analisi di Giuseppe Berta, storico d’impresa dell’università Bocconi, esperto di Fiat. “Per dare continuità all’occupazione in Italia bisognerà ricorrere agli ammortizzatori e c’è il nodo della cassa integrazione in deroga, dopo la riforma Fornero. Il problema è che il governo non può concedere condizioni particolari solo alla Fiat. E’ il passaggio più delicato”, spiega all’Adnkronos. La premessa, rispetto all’incontro di ieri, è che “chi si aspettava una parola definitiva sui piani di produzione non l’ha avuta”. I chiarimenti sono arrivati su due aspetti. Primo, “si conferma, comunque, la sospensione degli investimenti” e, sottolinea Berta, “rispetto allo scenario di Fabbrica Italia, in cui era previsto un aumento dell’occupazione e della produzione, nel nuovo scenario si cerca di mantenere impianti e occupazione al livello attuale”. Si tratta di “un cambiamento sostanziale”. Secondo, “è arrivata la conferma che non c’e’ l’intenzione di procedere a una chiusura degli impianti italiani e a una riduzione della capacita’ produttiva”. La carta messa sul tavolo da Fiat, e sostanzialmente condivisa dal governo, è quella di “un piano per l’export con l’idea di allocare presso gli impianti italiani i modelli destinati all’export”. Una scelta che pone degli interrogativi industriali. “L’idea è da analizzare e da sviluppare nel suo potenziale. Il problema è ideare un modello che renda competitivo produrre in Italia per l’estero. Non è facile. E’ una soluzione che va studiata e non so bene quali strumenti di incentivazione e di alleggerimento potra’ offrire il governo”, osserva Berta.
(fonte adnkronos)