Il caso dell’infermiera di Prato che ha avuto un figlio da un ragazzino di 14 anni ha fatto parlare tutta l’Italia: il bimbo ha già cinque mesi, il test del Dna ha confermato che il papà è proprio lo studente, e lei, infermiera di professione che dà lezioni pomeridiane, è indagata per atti sessuali su minori.
Suo marito però, operaio di origini casertane attaccatissimo alla moglie, non ha alcuna intenzione di ripudiare la moglie né il bambino: «È mio figlio, nonostante ciò che ci sta capitando. Non cambierò la nostra vita, voglio che resti con noi e con suo fratello», le sue parole, scrive La Stampa. La coppia ha infatti anche un altro figlio, di 7 anni.
Tre anni fa su Facebook, rileva l’agenzia Adnkronos, il marito della donna condivideva un post di Vittorio Sgarbi sui ‘ladri di maternità’: «Io non sono padre. Il padre è solo il padre della volontà. Io sono genitore, e ritengo i figli solo delle madri», il post condiviso il 2 marzo del 2016. Lo scandalo che avrebbe travolto la sua famiglia, in un marzo, ma di tre anni più tardi, non poteva essere nemmeno immaginato. Quelle parole, scritte dal critico d’arte, erano in riferimento a Nichi Vendola e a Saverio Tommasi e si sono poi rivelate irrimediabilmente calzanti, oggi, con la situazione che è capitata a lui.
Intanto per la 31enne, già ascoltata lunedì scorso in Procura, non è in programma un nuovo interrogatorio. La donna è assistita dall’avvocato Mattia Alfano che all’Adnkronos spiega: «Non posso rispondere a una domanda sul sentirsi o meno in colpa della mia assistita, perché questo vorrebbe dire ammettere o meno dei rapporti sui quali invece vige il più assoluto segreto istruttorio. Quanto alla chat non l’ho letta perché, quando ho preso l’incarico, il cellulare della mia assistita era già stato sequestrato, venerdì scorso». La donna, spiega l’avvocato, ha ripreso la sua vita di sempre. «Ho sentito la mia assistita dieci minuti fa. Sollevata certo, come detto, dopo aver chiarito la sua versione con il pm, è però preoccupata per l’onda mediatica che ha travolto lei e la sua famiglia. Chiede riservatezza e soprattutto di mantenere l’anonimato per far vivere tranquilli i suoi due figli».
«La donna protagonista del triste caso di cronaca che si è verificato a Prato non è una ‘prof’. È emerso con chiarezza, infatti, che si tratta di un’operatrice socio sanitaria che dava ripetizioni di pomeriggio», ha speficiato sulla sua pagina Facebook il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti. «Gli esiti della vicenda che la vede coinvolta saranno decisi nelle sedi opportune. Intanto sarebbe giusto e rispettoso per la categoria degli insegnanti smettere di usare la parola ‘prof’ negli articoli dedicati a questa storia che con la scuola non ha nulla a che vedere»