Nell’ambito delle manifestazioni fortemente volute dall’assessorato alla Cultura di Taormina, guidato da Alessandra Caruso, per la “Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne”, grande emozione e successo ha riscosso l’inaugurazione della Mostra personale di Filippo Andronico, ospitata nel quattrocentesco palazzo dei Duchi di S. Stefano, prestigiosa sede della Fondazione Mazzullo. Andronico, messinese di nascita, abbandonati gli studi di giurisprudenza per seguire la passione per l’Arte, dopo una lunga ed intensa attività artistica all’estero (Parigi, Stoccarda) e in Italia (Milano, Firenze) oramai pittore, scultore e designer affermato ed apprezzato dalla critica, con opere esposte in permanenza in alcune gallerie di New York e San Francisco, è ritornato da un po’ di anni in Sicilia. Realizzando, nel suo atelier di fronte al mare turchino di Roccalumera, opere intrise dei colori e del calore dell’isola, dove rivivono un Mediterraneo dal remoto passato, la Femminilità venerata per la sua fertilità, il culto della Dea Madre, sintesi pittoriche di suggestioni in cui la storia millenaria si confonde col mito e gli archetipi divengono stilemi in una figurazione essenziale e rigorosa: il tutto declinato al femminile. Perché l’universo artistico di Andronico è un vero e proprio “Inno alla Donna”, protagonista maestosa e dominatrice incontrastata delle sue tele grandi e piccole, e nessuno meglio di lui, in un’occasione come quella della “Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne”, poteva così sapientemente render loro omaggio. Sono forti e solide le donne di Andronico. Donne del Sud dagli stilizzati profili greci e scevre di sorrisi; donne dall’atteggiamento solenne e dall’attitudine ieratica, altere e composte con i loro chignon d’antan; donne che esibiscono la loro nudità senza malizia in un’esaltazione di fianchi generosi pronti a generare, e donne spogliate da una incultura mercificante che rende destrutturati i loro corpi. Ed ancora: donne che, fuggendo da guerre, massacri tribali e carestie, sfidano deserti, sopportano fame, sete, angherie e stupri pur di arrivare alle coste nord-africane ed imbarcarsi su rappezzati gommoni verso un futuro migliore. Ed invece trovano a centinaia, a migliaia la morte in quel cimitero liquido che è divenuto il Canale di Sicilia, rendendo il “Mediterraneo nero”. Le donne sono abituate al sangue che sgorga dal loro corpo, un sangue che ne dichiara la femminilità compiuta, che mensilmente le prepara alla maternità, ad una nuova vita, ma le donne che riempiono a tutto campo le grandi tele dell’artista sono intrise dal rosso del sangue della violenza, che le uccide comunque interiormente quando non toglie loro la vita, che fa sgorgare dai loro occhi, segnati dal dolore e dalla sofferenza, piccole, silenziose, tremende lacrime nere. E poi ci sono le donne che agiscono per un futuro diverso. Quelle che, sfidando maschilismi e dettami integralisti, affermano il diritto alla propria libertà…magari quella di andare al cinema da sole. Donne che fanno gruppo, coese, che hanno il senso della solidarietà, che sanno che, insieme, si può vincere. Donne che non mollano. Quelle esposte alla Fondazione Mazzullo da Filippo Andronico si rivelano, così, opere che non solo catturano lo sguardo ma “parlano”, ed in qualche caso “urlano” al cuore del visitatore, conducendolo lungo un percorso visivo carico di pathos cui non è estranea la tecnica raffinata esibita dall’artista; come il sapiente uso di tarsie di rame in funzione cromatica che, con la sua luminosità profonda ed i suoi caldi guizzi, sottolinea i toni bruciati del rosso e del marrone e l’applicazione di cornici parzialmente “aperte” che nella loro originalità sovvertono il consueto rapporto spazio/tela, divenendo parte integrante dell’opera. In definitiva una Mostra di forte impatto culturale e dal grande segno artistico il cui iter espositivo propone 14 dipinti olio su tela, olio e rame su tela ed un paio di opere in digitale – particolari dei due grandi dipinti – accolti nella “Sala Colonna” al pian terreno e nella “Sala Saffo” del primo piano in un allestimento rigorosamente calibrato e lineare, volutamente rispettoso – chapeau! – delle centenarie mura del blasonato palazzo, cui è stato evitato, caso non comune, l’affronto di ulteriori “ferite” da…chiodo. La Mostra rimarrà aperta sino a martedì 9 dicembre.