MoniQue Foto - WIRED 2024 - In studio con mio padre

Filippo Graziani, la preziosa eredità musicale di papà Ivan un cantautore fuori dal coro

Sono passati quasi trent’anni, era il 1997, dalla scomparsa di Ivan Graziani uno dei cantautori italiani più ispirati del secolo scorso. A tenere vivo il suo ricordo, insieme ai grandi classici della sua produzione discografica, è il suo secondogenito Filippo Graziani. Cantautore e musicista come il padre, Filippo Graziani è stato protagonista oggi in Piazza Malfatti dell’ultimo appuntamento del Wired Next Fest 2024. Come altri figli di noti musicisti e artisti non è mai facile seguire le orme paterne o materne perché si viene sempre chiamati ad un confronto. Ma Filippo Graziani si è sempre specchiato con grande serenità con l’eredità musicale del suo babbo Ivan come dimostrato anche dai suoi diversi progetti musicali che rendono omaggio ad un’icona indimenticabile che ha rivoluzionato il modo di intendere la musica d’autore e il rock italiano.

Proprio quest’anno è uscito “Per gli amici” il nuovo album postumo di Ivan Graziani fatto di otto brani inediti ritrovati per caso dai figli del cantautore nel suo vecchio studio di registrazione: “Eravamo a conoscenza – ha raccontato Filippo Graziani – di una mole di lavoro che risaliva a quando mio padre aveva lo studio di registrazione davanti a casa. Abbiamo potuto così avere in mano i master che siamo riusciti ad aprire e ad ascoltare con qualche difficoltà, viste le tecnologie usate in quel periodo: renderle utilizzabili nel 2024 sembrava impossibile”. Brani quelli pubblicati che non hanno una datazione precisa: “In studio ci lavorava lui da solo e non c’era il cartaceo che accompagnava la produzione. Da alcuni indizi siamo risaliti agli anni perché magari c’era la mia voce registrata ma la datazione precisa è impossibile da ottenere”. Galeotto fu il Covid per questa operazione d’archivio come ha sottolineato Graziani: “Durante la pandemia abbiamo avuto il tempo per fare questi esperimenti coi vecchi nastri, di solito siamo sempre in tournée e non avremmo avuto la possibilità di fare questo lavoro, mentre in quel periodo siamo riusciti ad andare in studio a registrare”.

Filippo Graziani ha sottolineato come i pezzi che fanno parte della tracklist di “Per gli amici”: “Erano delle pre-produzioni, cioè dei lavori finiti al 70%, non solo dei provini, per questo ce la siamo sentita di farli uscire. Io ho solo fatto delle aggiunte, sono diventato una sorta di intelligenza artificiale perché mi sono basato sulla mia conoscenza del repertorio di papà che suono da vent’anni e di cui conosco gli stilemi, i codici. C’è qualcosa di me in questo disco, è inevitabile, ho dovuto rifare delle chitarre, mio fratello ha rifatto la batteria, ho curato anche degli arrangiamenti ma fondamentalmente è tutta farina di papà, compresa la copertina e il titolo che è una canzone contenuta nel disco e sembra davvero descrivere un dono che arriva dal passato”.

Per Filippo Graziani: “L’eredità di mio papà è importante ma non ingombrante. Il modo giusto di gestirla è suonare le sue canzoni per farle riprendere vita e parlarne come stiamo facendo ora”. Sulla poetica del padre ha invece sottolineato come: “Papà raccontava delle storie che avevano due protagonisti o più che facevano delle cose precise in un luogo geografico preciso. Una storia la puoi leggere o ascoltare a distanza di anni e sarà sempre attuale perché ci saranno sempre due persone che si innamorano a Lugano con lo sfondo del lago. Non era schiavo del suo tempo, infatti ai concerti sono presenti tre generazioni ed è una cosa bellissima”.

Per molti Ivan Graziani è stato un cantautore troppo sottovalutato o quasi incompreso e a questo riguardo Filippo Graziani ha spiegato come: “Negli anni settanta i cantautori dovevano avere un’appartenenza politica per accedere a una serie di situazioni mentre papà non si è mai schierato, non gli interessava la politica. Le sue canzoni parlavano comunque di sociale, come ad esempio “Dada” in cui due cugine lesbiche, tossicomani vengono abusate dal loro spacciatore. Parlava di temi sociali, di persone vere, di vita. La sua sensibilità di artista poi non era nazional-popolare, quindi magari le sue canzoni non erano capite da tutti ma solo da chi aveva la sua stessa sensibilità. Questo gli ha dato la possibilità di non essere schiavo del tempo, di una parte politica, di un sistema. Se oggi scrivo una canzone dedicata al telefonino e se, tra cinquant’anni, questo strumento non esiste più, sarò schiavo del tempo a cui è collegata”. Le parole di Filippo Graziani si sono poi trasformate in note con l’esecuzione per chitarra e voce di alcuni brani del disco postumo del padre accanto ad alcuni classici senza tempo di Ivan Graziani.

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