Fino al 30 giugno 2019 la Galleria Frammenti d’Arte presenta la mostra personale Faccebook di Emanuela Fabozzi, a cura di Roberta Melasecca.
In mostra le 100 “facce” di amici reali-virtuali dell’artista in tele dal formato 20×20 cm, sculture ed oggetti in ceramica che costituiscono i diversi volti dello stesso progetto artistico.
“E così ci incontreremo, / lasceremo, risa in sala / sette passi, sette leghe / tra di noi c’inventeremo. / E quasi non bastassero / i dolori della vita / – ci uccideremo con le parole. / Poi faremo un bell’inchino / che alla farsa porrà fine. / Tutti a letto se ne andranno / divertiti da morire. (Wisława Szymborska, Opera buffa da “Amore a prima vista”)
E’ inevitabile. La rete ormai fa parte integrante della nostra realtà e non costituisce più un mondo parallelo: viviamo, come afferma il giornalista Francesco Longo, in una società “aumentata”, dove non è più necessaria la distinzione tra online e offline. Immersi in un sistema di narrazioni, è il nostro viso che entra in gioco. Senza corpi, miliardi di facce si susseguono vorticosamente negli schermi dei nostri cellulari. La nostra immagine – e forse con essa anche la nostra identità – è al centro dell’universo, di singoli e microscopici universi imperniati su conformazioni in continuo cambiamento, diversi, categorizzabili. (…) In un ampio dibattito (su identità e veritarietà dei social) a cui partecipiamo tutti indistintamente e inconsciamente, Emanuela Fabozzi, partendo da un’ampia formazione accademica e da una lunga esperienza nella scultura, ceramica, incisione e scenografia, apre un’altra finestra sul suo desktop e ci fa entrare nel suo spazio di costruzione della realtà e dell’identità. Sollecitata dalle suggestioni dell’art brut e della reminiscenza del fumetto, l’artista dipinge 100 volti di suoi “amici” – virtuali/reali -, 100 facce che rappresentano, nella loro permanenza e fuggevolezza, le classiche tipologie di profili che popolano il web.
Muovendo da una riflessione sul rapporto tra rete, immagine e le forme del sé, le facce di Faccebook rispondono ad un preciso linguaggio decodificativo. La serie dei 100 si caratterizza per una ripetizione di stilemi: il contorno preciso e lineare, l’utilizzo di colori primari e derivati sgargianti e netti, il fondo monocromo in stile “foto-tessera”. Ogni personaggio è definito con il suo preciso carattere distintivo di gioia o tristezza, smarrimento o impertinenza, forza o alienazione, ma gli elementi che compongono il viso, a sembianza di dolci di una infanzia trascorsa, generano un ossimoro tra immagine rappresentata e carattere indentitario dell’immagine stessa: i bucaneve per gli occhi, i rigolial posto del naso, i capelli come glassa delle torte con le colorazioni artefatte dei gelati. Toni e dettagli disegnano, così, un mondo apparentemente giocoso, schiettamente ironico, a rappresentare le innumerevoli interfacce digitali attraverso cui agiamo, decidiamo, lavoriamo e viviamo. E il gesto dell’artista, puro e inesorabile, si declina in diversificati ludici media e tecniche – dalle tele 20×20 cm, alle sculture, agli oggetti ceramici – , a mistificare la figurazione di un volto sociale che cerca, contemporaneamente, il riconoscimento e la simulazione di un io modulare, assemblabile, fedele a tutte le diverse personalità che si sviluppano.
I 100 volti di Faccebook non sono individui noti e riconoscibili e l’artista non li delinea con la volontà del ritratto o della caricatura: sono immagini definite nella loro indeterminatezza, nelle quali ognuno può identificarsi nelle fattezze, nel particolare aggiunto, nello sguardo, nella casuale coincidenza con aspetti identitari. Nella bruta consapevolezza dell’impossibilità di riuscire ad intrecciare tanti elementi altrui (cit. Remo Bodei), nella fragilità delle probabili relazioni reali e virtuali, Emanuela costruisce un caustico gioco, affollato da un popolo di ipertrofici e perfetti che, ogni sera, spenta la luce e visto l’ultimo volto, andranno a letto, divertiti da morire. O, forse, no.” (dal testo critico di Roberta Melasecca)
|