Quando si parla di fisco c’è sempre da fare i conti con cattive notizie. I contribuenti italiani che versano fino all’ultimo centesimo tutte le tasse, le imposte e i contributi previdenziali chiesti dall’Amministrazione Pubblica, subiscono una pressione fiscale reale del 48 per cento: si tratta di quasi 6 punti in più rispetto al dato ufficiale, che nel 2018 si è attestato al 42,1 per cento. Lo denuncia la CGIA di Mestre.
Meno tasse, ma sono aumentate le tariffe – “Sebbene negli ultimi anni il peso complessivo delle tasse risulti leggermente in calo – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – molti non se ne sono accorti, poiché allo stesso tempo sono cresciute le tariffe della luce, dell’acqua, del gas, i pedaggi autostradali, i servizi postali, i trasporti urbani, e altro. Dal punto di vista contabile, queste voci non rientrano nella pressione fiscale. Tuttavia, hanno avuto e continuano ad avere degli effetti molto negativi sui bilanci di famiglie e imprese, in particolar modo per quelle fedeli al fisco”.
Il peso del “nero” sulla nostra economia – Come di consueto, l’Ufficio studi della CGIA sottolinea anche che il nostro Pil, come del resto quello di molti altri Paesi dell’Ue, include anche gli effetti dell’economia non osservata. Questa “ricchezza”, riconducibile alle attività irregolari e illegali che, per sua natura, ha dimensioni importanti, non dà alcun contributo all’incremento delle entrate fiscali.
Rammentando che la pressione fiscale si calcola attraverso il rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, se dalla ricchezza prodotta scorporiamo la componente riconducibile all’economia “in nero”, il peso del fisco in capo ai contribuenti onesti sale inevitabilmente, consegnandoci un carico fiscale reale molto superiore a quello ufficiale.