La premier si è infilata, sin dall’inizio, in un cul-de-sac, un vicolo cieco nel momento in cui ha subordinato la postura europea alla questione di posti. Se non ottiene la nomina di Fitto è una sconfitta, ma non essendo in maggioranza, è il terreno più difficile per lei e chiede aiuto a Draghi, non per salvare l’Europa agonizzante ma per ottenere una vicepresidenza
Raffaele Fitto è un moderato, mai una parola fuori posto, curriculum perfetto per l’Europa.
Dopo le minacce, ora la trattativa, una mano tesa sul commissario italiano se la presidente tedesca riprende in squadra lo Spitzenkandidat lussemburghese. Ma i Verdi restano sulla linea dura. I liberali: “Ecr non è in maggioranza e non lo sarà”. Per la von der Leyen il tutto resta complicato e nemmeno i Draghi è di aiuto dove è la politica a chiedere un riequilibrio
I problemi di Ursula von der Leyen coincidono con la composizione della sua squadra di commissari a Palazzo Berlaymont. Dopo la nota con cui i Socialisti&Democratici hanno messo in fila i motivi dello scontento contro la presidente tedesca, emergono i primi segnali di trattativa.
Le obiezioni di Socialisti e Verdi sull’eventualità di assegnare a Raffaele Fitto una vicepresidenza esecutiva facciano sostanzialmente parte di una legittima trattativa in vista delle deleghe da attribuire ai quattro commissari di S&D.
Il finale lo conosceremo solo martedì, quando Ursula von der Leyen presenterà la sua squadra, completa di deleghe, ai presidenti dei gruppi del Parlamento Ue riuniti in plenaria a Strasburgo. Ma, almeno per il momento, sull’asse Roma-Bruxelles e anche ai vertici di Ecr non si colgono particolari preoccupazioni. Al netto del fatto che, ovviamente, avrebbero preferito evitare lo slittamento è aver già chiuso la partita. Non è un caso che da Palazzo Chigi sia arrivato ai parlamentari di Fdi l’input di evitare polemiche sull’affaire Fitto, sia in Europa con S&D e Greens, sia in Italia con il Pd. «Nei momenti delle trattativa serve serenità e tranquillità per il bene dell’Italia», spiega Giovanni Donzelli.
Così, cade un po’ nel vuoto l’affondo del co-presidente dei Verdi, l’olandese Bas Eickout. «Abbiamo gravi preoccupazioni – dice – per la possibile la nomina di Fitto a vicepresidente, sarebbe un segnale che la Commissione si orienta verso l’estrema destra». L’obiezione, insomma, non è tanto sulla persona – anche perché quella di Fitto è notoriamente una storia moderata e a Bruxelles tutti gli riconosciuto grandi doti di mediazione – quanto sui Conservatori di Ecr. Socialisti e Verdi, infatti, contestano la scelta di indicare vice esecutivo l’esponente di un partito che ha votato contro il bis di von der Leyen. Un ruolo, spiega il vicepremier Antonio Tajani, che invece è adeguato all’Italia, perché è «un Paese fondatore e uno dei più grandi per abitanti» oltre che «la seconda manifattura in Europa e la terza economia Ue». E le parole di Tajani, che è pure il più longevo dei vicepresidenti del Ppe (dal 2002), vanno lette anche nell’ottica dei Popolari. Che non solo sono il partito di von der Leyen, ma che per bocca del loro presidente, Manfred Weber, hanno più volte ribadito il sostegno a Fitto. Insomma, pur non entrando pubblicamente nella polemica aperta da alcuni esponenti di S&D e Green, nelle trattative convulse di queste ore il Ppe sta facendo blocco su Fitto.
Il green Eickout spiegache quella dell’italiano «sarà preparata accuratamente», perchè «se venisse nominato, per lui non sarebbe una passeggiata» perché «dovrà dimostrare di essere davvero europeista». Ma questo lo sa anche Fitto che, non a caso, si sta preparando all’appuntamento da mesi. E che alla fine, visto anche il sostegno scontato di Ecr e quello del Ppe, dovrebbe farcela nonostante i malumori di S&D e Verdi. I secondi possono muoversi liberamente, ma i primi devono pensare ai loro quattro commissari. Con l’ostilità del Ppe, infatti, anche loro farebbero fatica a raggiungere la necessaria maggioranza dei due terzi delle audizioni. Il nodo, come detto, sarà sciolto martedì.