Fondi pensione, allarme sui costi

Da una parte i fondi pensione negoziali di natura collettiva. Dall’altra gli strumenti di mercato, in particolare i Pip – Piani individuali pensionistici – che però evidenziano oneri mediamente superiori di 4 volte quelli dei fondi negoziali per i comparti garantiti, di oltre 5 per quelli obbligazionari, di sei volte per i bilanciati e per oltre 7 per quelli azionari.

In pratica, i costi dei Pip sono di gran lunga superiori rispetto a quelli dei fondi di categoria come riporta un articolo su “Il Sole 24 Ore” a firma di Marco lo Conte.

Secondo l’indicatore sintetico dei costi a fine 2018 rivelato dalla Covip, l’Autorità amministrativa indipendente che ha il compito di vigilare sul buon funzionamento del sistema dei fondi pensione, bisogna distinguere tra le diverse categorie di prodotti previdenziali.

I meno costosi sono i fondi pensione chiusi (o negoziali) riservati ai lavoratori dipendenti, mentre i più costosi sono i fondi pensione aperti e i pip (piani individuali pensionistici assicurativi), appunto, i cui costi di gestione sono superiori in media di quattro volte quelli dei fondi negoziali per i comparti garantiti, oltre 5 per quelli obbligazionari, sei volte per i bilanciati e oltre 7 per quelli azionari.

 Scrive ancora il quotidiano economico: “Una differenza di costo che non è senza conseguenze: come più volte sottolineato dalla Covip, un indice sintetico di costo superiore del 2% invece che dell’1% può ridurre il capitale accumulato dopo 35 anni di partecipazione al piano pensionistico di circa il 18%”.

Non resta, dunque, che sperare in un riallineamento del mercato e proprio per questo molti guardano all’arrivo dei Peep, schemi pensionistici di terzo pilastro pan-europei, rivolti a quel 63% di cittadini comunitari che non dispongono di strumenti previdenziali integrativi.

In sostanza, chi sceglie un Pip, scrive Lo Conte citando la Covip, al posto di un fondo di categoria, “si condanna a una pensione complementare defalcata dal 20 al 40% circa”.

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