Fondi pensione: ecco quanto hanno reso negli ultimi dieci anni

I risultati delle forme pensionistiche complementari che valorizzano le attività al valore di mercato non sono rimaste immuni dalle tensioni geopolitiche e dalla persistenza dell’inflazione, che nel 2022 hanno fortemente condizionato l’andamento dei mercati finanziari. E questo tanto per le linee di investimento a maggiore contenuto azionario, quanto per quelle che investono in titoli di Stato e altri titoli di debito.

La performance 2022

I comparti azionari hanno registrato perdite in media pari all’11,7% nei fondi negoziali, al 12,5% nei fondi aperti e al 13,2% nei PIP – Piani individuali pensionistici, anche noti come fondi pensione. Per le linee bilanciate i rendimenti medi sono stati negativi in tutte le forme pensionistiche: 10,5% nei fondi negoziali, 11,5% nei fondi aperti e 12,3% nei PIP.

Anche i comparti obbligazionari hanno subito nell’anno perdite ingenti. Gli obbligazionari misti hanno perso il 10,3% nei fondi negoziali, il 7,6% nei fondi aperti e il 5,2% nei PIP di ramo III; gli obbligazionari puri hanno registrato perdite del 3,5% nei fondi negoziali e del 10,9% nei fondi aperti.

Per conseguenza, anche i rendimenti medi aggregati per tutte le gestioni, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, sono risultati negativi: i fondi negoziali hanno perso il 9,8%, i fondi aperti il 10,7%, le gestioni unit linked di ramo III dei PIP l’11,5%; fanno eccezione le gestioni separate di ramo I che hanno guadagnato l’1,2%, in primo luogo a causa delle diverse modalità di contabilizzazione degli attivi detenuti. È quanto emerge dalla Relazione per l’anno 2022 della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione.

Redditività del risparmio previdenziale 2012-2022

Una corretta valutazione della redditività del risparmio previdenziale non può tuttavia limitarsi all’analisi dei rendimenti di un solo anno, ma deve fare riferimento a orizzonti più lunghi e coerenti con i vincoli temporali che a esso si applicano in ragione degli obiettivi perseguiti.

Facendo riferimento a un intervallo decennale che va da fine 2012 a fine 2022, il quadro complessivo dei rendimenti delle diverse linee pensionistiche risulta sostanzialmente coerente con le implicazioni della teoria finanziaria più consolidata, che attribuiscono agli investimenti azionari rendimenti attesi più elevati, per compensare la loro maggiore volatilità.

I rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,7% e il 4,9%. Viceversa, le linee obbligazionarie mostrano rendimenti medi vicini allo zero; le linee bilanciate rendimenti medi che vanno dall’1,7% dei PIP di tipo unit linked al 2,7% dei fondi negoziali e al 2,9% dei fondi aperti. Estendendo l’osservazione a un periodo ventennale (dal 2002 a fine 2022), che comprende un primo decennio nel quale i rendimenti dei titoli obbligazionari erano stati particolarmente elevati, le differenze dei rendimenti tra le diverse tipologie di comparto si attenuano, ma si conferma comunque una netta superiorità per quelli a orientamento azionario.

Riguardo alle distribuzioni dei rendimenti dei singoli comparti, facendo riferimento all’orizzonte temporale dell’ultimo decennio, si osserva che quasi tutte le linee azionarie delle diverse forme pensionistiche registrano rendimenti superiori a quelli delle linee obbligazionarie. Le linee azionarie registrano quasi tutte rendimenti superiori anche al tasso di rivalutazione del TFR, pari nel decennio considerato al 2,4% medio annuo composto.

Quanto si può ottenere investendo 100 euro al mese in previdenza integrativa?

Secondo un’analisi effettuata dal Corriere della Sera investire 100 euro al mese da oggi fino al giorno della pensione in una forma di previdenza integrativa “può portare al raddoppio del capitale“. Quindi un 35enne potrebbe crearsi una pensione di scorta compresa tra i 139 euro, se si investe in una linea a basso rischio e i 236 euro se si investe in una a rischio alto. Per un 45enne la rendita integrativa scende ad un intervallo compreso tra 74 e 104 euro netti al mese, che diventano per un 55enne un assegno compreso tra 36 e 43 euro, sempre a seconda della linea di investimento scelta.

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