A settembre 2022, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 10,1 milioni, in crescita di 410mila unità (+4,2 per cento) rispetto alla fine del 2021. A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,1 milioni di individui. È quanto emerge dall’ultimo monitoraggio della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip).
I fondi negoziali registrano un incremento di 278mila posizioni (+8 per cento), per un totale a fine settembre di 3,735 milioni. Alla crescita delle posizioni – si legge nel report – hanno contribuito, oltreché i fondi per i quali già da tempo sono state attivate le adesioni contrattuali, ossia quelle che iscrivono automaticamente i nuovi assunti di diversi settori per effetto del versamento di un contributo minimo a carico del datore di lavoro, anche il fondo rivolto al pubblico impiego, per il quale è stata attivata l’adesione attraverso il cosiddetto silenzio-assenso per tutti i lavoratori neo assunti a partire da una determinata data.
Nelle forme pensionistiche di mercato, si rilevano 71mila posizioni in più nei fondi aperti (+4,1 per cento) e 38mila posizioni in più nei PIP nuovi (+1,1 per cento); alla fine di settembre, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 1,806 milioni e 3,652 milioni di unità.
Le risorse in gestione e i contributi
Le risorse destinate alle prestazioni sono, a fine settembre 2022, pari a 202 miliardi di euro; per effetto delle perdite in conto capitale determinate dall’andamento dei mercati finanziari, le risorse sono diminuite di circa 10,9 miliardi rispetto a dicembre del 2021. Nei fondi negoziali, l’attivo netto è di 60 miliardi di euro; esso ammonta a 26,7 miliardi nei fondi aperti e a 43,8 miliardi nei PIP “nuovi”. Nel periodo compreso tra gennaio e settembre del 2022 i contributi incassati da fondi negoziali, fondi aperti e PIP nuovi sono stati pari a 9,2 miliardi di euro, 407 milioni di euro in più (+4,6 per cento) rispetto al corrispondente periodo del 2021. L’incremento si riscontra in tutte le forme pensionistiche.
I rendimenti
Nei nove mesi del 2022 i risultati delle forme complementari hanno risentito del persistere della fase di discesa dei corsi dei titoli azionari e di rialzo dei tassi di interesse, che a sua volta determina il calo dei corsi dei titoli obbligazionari. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti sono risultati negativi e pari a -10,6 e a -12,2 per cento, rispettivamente, per fondi negoziali e fondi aperti; nei PIP di ramo III essi sono stati pari a -12,4 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari allo 0,8 per cento. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nei dieci anni da inizio 2012 a fine 2021, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 4,1 per cento per i fondi negoziali, al 4,6 per i fondi aperti, al 5 per i PIP di ramo III e al 2,2 per cento per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,9 per cento annuo. Aggiungendo ai dieci anni i nove mesi del 2022, i rendimenti medi annui restano positivi: 2,7 per cento per i fondi negoziali, 3 per i fondi aperti e 3,3 per cento per i PIP di ramo III; sono pari al 2,1 per cento per i prodotti di ramo I. La rivalutazione del TFR nello stesso periodo è del 2,2 per cento.