Matteo Salvini complica ulteriormente il caso dei fondi russi alla Lega. Durante l’intervento in Senato di Giuseppe Conte, il ministro dell’Interno non sarà presente in Aula.
Salvini aveva detto che avrebbe parlato dopo il premier e molti erano convinti che lo avrebbe fatto dai banchi del Senato. Invece dal Viminale arriva la notizia che il Ministro sarà impegnato nel comitato per la pubblica Sicurezza. Appuntamento fissato alle ore 16.00, trenta minuti prima l’intervento di Giuseppe Conte in Aula.
Stando alle voci che circolano a Roma, la strategia di Salvini, identica a quella delle persone indagate per il caso Moscopoli, sarebbe stata consigliata dalla Bongiorno, ministro della Pubblica Amministrazione oltre che valido legale. Meglio non rilasciare dichiarazioni almeno fino alla fine delle indagini. Meno informazioni vengono dai diretti interessati e meno piste si danno agli inquirenti. In realtà è molto probabile che Matteo Salvini prenda la parola e lo faccia con una diretta dalla sua pagina Facebook. Almeno un post è garantito.
Resta ora da capire cosa dirà il premier Giuseppe Conte. Vestirà i panni del capo di governo e non certo quelli dell’avvocato, quindi realisticamente darà garanzie all’America sulla posizione fedele dell’Italia, che già con gli accordi economici con la Cina aveva creato qualche imbarazzo agli alleati atlantici.
Il premier si è chiuso nel suo studio ed è come se fosse tornato alla sua vecchia professione di professore e avvocato. Centellinando le parole, scegliendo sfumature, cesellando i periodi. Anche se Matteo Salvini non sarà al Senato ad ascoltarlo.
Ma l’avvocato del popolo italiano e della tenuta dei gialloverdi si è incaricato di una doppia spericolata impresa di equilibrismo. Uno: non mettere un dito in un occhio a Matteo Salvini senza per questo appiattire il governo su una vicenda scivolosa e imprevedibile come quella del Russiagate. Due: dare un segnale forte al riottoso contraente di governo, sfilandogli la pistola fumante della crisi dalle mani, aggiungendo al discorso di mercoledì al Senato un doppio lavorio su Tav e autonomie.
L’obiettivo è anche quello di togliere aria al progetto del suo vicepremier di cui si sussurra, quello di sostituirlo a Palazzo Chigi. Ai collaboratori Conte ha spiegato di essere al servizio del paese e garante del contratto su cui si fonda questo governo, ma di non essere disposto a resistere a tutti i costi: “Così come ho accettato, sono pronto a fare un passo indietro se non ci fossero più le condizioni”, il senso del ragionamento fatto più volte ai suoi.
A Montecitorio ci sarà però un antipasto di quello che succederà al Senato: alle 15.00 il presidente del Consiglio Conte risponderà al question time alla Camera e sarà quasi sicuramente chiamato a intervenire anche sulle grandi opere, dopo il cambio di rotta sulla Tav.
Conte a Palazzo Madama proverà a volare alto, difendendo l’operato del governo genericamente inteso come insieme del tutto, senza citare la specificità del duo Salvini/Savoini. Ribadendo con forza che niente e nessuno potrà mettere in discussione l’ancoraggio dell’Italia al sistema storico di alleanze, all’euro atlantismo, nonostante lo sguardo ampio con il quale si tendono ponti anche verso Mosca. Ci sarà Matteo Renzi, che prenderà parola per il Partito democratico, scelta che non è passata senza rumoreggiamenti fra i Dem, per un’oretta di comunicazioni senza dibattito con cui i gialloverdi tutti provano a chiudere il caso.