Questa storia “è pazzesca”. Lo dice il governatore della Lombardia Attilio Fontana, in un colloquio con la Stampa sull’inchiesta per frode su pubbliche forniture che lo ha coinvolto. “Ma qual è il reato? Di solito le persone finiscono indagate perché prendono dei soldi illecitamente. Io invece rischio di passare alla storia come il primo politico che viene indagato perché i soldi ha cercato di versarli” aggiunge. “Certo, quando è saltata fuori questa storia e ho visto che mio cognato faceva questa donazione, ho voluto partecipare anch’ io. Fare anch’io una donazione. Mi sembrava il dovere di ogni lombardo” spiega.
Alla fine “la Regione da mio cognato i camici li ha avuti gratis (una parte) e l’unico reato che vedo veramente è una palese violazione del segreto istruttorio e per questo probabilmente mi rivolgerò ai magistrati di Brescia”. Nel conto del governatore all’estero “non c’è niente di illecito – sottolinea -, sono capitali denunciati e scudati, un eredità di mia madre. Non vedo di cosa dovrei vergognarmi”. Fontana ribadisce che “della fornitura non sapevo niente. L’ho saputo solo quando mio cognato ha deciso di fare la donazione”. Per il governatore “ormai in questo Paese la democrazia per alcuni è stata sospesa. Anzi, non esiste più”. Ogni democratico “dovrebbe indignarsi per quello che mi sta succedendo ma lo so, tanto è inutile, le regole ormai sono saltate”.
Le verifiche della procura di Milano sui conti svizzeri del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana sono un atto dovuto. Lo si apprende da fonti vicine all’inchiesta che vede il governatore accusato di frode per la fornitura di camici, poi trasformata in donazione, da parte dell’azienda del cognato Andrea Dini, anche lui indagato. Secondo quanto anticipato da alcuni quotidiani si tratta di soldi ‘scudati’ nel 2015 provenienti da due trust aperti dieci anni prima alle Bahamas dalla madre ed ereditati alla sua morte dal futuro governatore. Risorse dichiarate, su cui ora i magistrati effettueranno gli accertamenti del caso, dal momento che l’indagine sui camici è scattata proprio da un bonifico del presidente al cognato da 250mila euro. “Nelle dichiarazioni richieste dalle norme sulla trasparenza sono riportati nel dettaglio i miei patrimoni, non vi è nulla di nascosto e non vi è nulla su cui basare falsi scoop mediatici”, ha sostenuto Fontana, che intende intervenire sul caso in Consiglio regionale, forse già nella seduta di domani o in quella di martedì convocate per discutere di bilancio.
“Il fascicolo sulla fornitura dei camici viene aperto sulla base di una segnalazione di operazioni sospette trasmesso alla procura di Milano dal nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza”: lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, che coordina le indagini assieme ai pm Furno, Scalas e Filippini, riferendosi alla segnalazione fatta dalla Unione Fiduciaria di un bonifico poi bloccato di 250.000 euro da parte del governatore della Lombardia Attilio Fontana alla Dama spa, società del cognato, con la causale che si riferiva ai camici. Romanelli ha confermato che il governatore è indagato solo per frode in pubblica fornitura.
Il 19 maggio, quattro giorni dopo una generica intervista di Report, Fontana cercò di fare un bonifico per arginare quello che il quotidiano definisce “il rischio reputazionale” insito nei 75.000 camici e 7.000 set sanitari venduti per 513.000 euro alla Regione il 16 aprile dalla società Dama spa del cognato Andrea Dini e (per il 10%) della moglie Roberta. Secondo la ricostruzione del Corriere, il governatore lombardo tentò di bonificare alla Dama 250.000 euro, cioè gran parte del mancato profitto al quale il cognato sarebbe andato incontro facendo l’unilaterale gesto di tramutare in donazione alla Regione l’iniziale vendita dei 75.000 camici e di rinunciare a farsi pagare dalla Regione i 49.353 camici e 7.000 set già consegnati. La milanese Unione Fiduciaria, incaricata il 19 maggio da Fontana del bonifico, secondo Il Corriere bloccò il pagamento perché in base alla normativa antiriciclaggio non vedeva una causale o una prestazione coerenti con il bonifico, disposto da soggetto “sensibile” come Fontana per l’incarico politico. E così la fiduciaria fece una “Sos-Segnalazione di operazione sospetta” all’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, che la girò a guardia di finanza e Procura.
“Attilio Fontana “indagato” perché un’azienda ha regalato migliaia di camici ai medici lombardi. Ma vi pare normale? La Lombardia, le sue istituzioni, i suoi medici, le sue aziende e i suoi morti meritano rispetto. Malagiustizia a senso unico e “alla Palamara”, non se ne può più”, scrive Matteo Salvini su Twitter.
L’indagine diventa ben presto trend su Twitter e per Salvini la prima nota del mattino è obbligata: «Ne abbiamo abbastanza di queste indagini a orologeria e a senso unico. Siamo stufi». Quello che Salvini non scrive ma davvero lo manda su tutte le furie è ciò che chiama la «impar condicio» rispetto a Nicola Zingaretti e alla vicenda delle mascherine pagate ma non arrivate alla Regione Lazio. Si occupa del promemoria il deputato Claudio Durigon: «Tra i camici gratuiti per la Lombardia e le mascherine vendute per 14 milioni alla Regione Lazio da un negozio che vende led, Fontana saprà spiegare anche questa situazione. Ma Zingaretti quando dovrà spiegare i milioni delle mascherine nel Lazio?».