Formaggi senza latte, Assemblea Coldiretti Campania

La diffida della Commissione Europea sul divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari è stata ieri sera al centro della discussione nell’Assemblea regionale di Coldiretti Campania. Dai dirigenti dura condanna e preoccupazione per una scelta che rischia di colpire un grande patrimonio di eccellenze regionali fatto da 4 formaggi Dop (denominazione di origine protetta) e 45 Pat (prodotti agroalimentari tradizionali). “Una decisione infelice che rischia di aggiungere ulteriori difficoltà alle nostre imprese, che in Campania rappresentano una punta di eccellenza nel settore lattiero caseario”. Così Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania. “Con questa mossa, di cui non si sentiva alcun bisogno si mette in discussione tutto il lavoro fatto su qualità dei prodotti e salute dei consumatori, alla faccia della difesa del patrimonio agroalimentare. Ancor più grave se le spinte arrivano dall’Italia. I nostri produttori combattono già una immane battaglia contro le truffe, le contraffazioni del falso made in Italy e per un prezzo giusto per il latte. Così si finisce per favorire le lobby che spingono per sminuire la produzione di alta qualità. Una scelta che fa comodo a chi vuole giocare su un sistema di etichettatura ancora poco trasparente nella filiera produttiva dal latte ai formaggi. La tutela che l’Italia ha voluto dare dal 1974 alle produzioni casearie ha garantito fino ad oggi la crescita delle esportazioni. E specialmente la Campania ha tutto l’interesse a proteggere le sue ricchezze produttive tradizionali”. A tale proposito il presidente nazionale di Coldiretti Moncalvo nelle ultime ore ha attaccato duramente l’associazione delle Industrie lattiero casearie (Assolatte). “Siamo di fronte ad un caso di alto tradimento del Made in Italy. Quelli che chiedono all’Unione Europea di produrre il ‘formaggio con la polvere’ sono gli stessi che sottopagano il latte agli allevatori italiani con prezzi che non coprono neanche i costi dell’alimentazione del bestiame. Una azione che danneggia i consumatori italiani con l’offerta di prodotti di basso standard qualitativo con effetti sul piano economico, occupazionale ed ambientale”.

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