Fratelli d’Italia e reato di diffamazione: ‘Carcere per i giornalisti’

Libera espressione e libertà di pensiero sono i pilastri del giornalismo. Sì, ma soprattutto è il diritto di cronaca che ha sempre tutelato i giornalisti dall’esprimere liberamente la propria opinione in ambito giuridico, su carta stampata e ad oggi soprattutto digitale.

La politica, oggi, potrebbe invertire questa tendenza: Fratelli d’Italia ha recentemente sollevato l’ipotesi del carcere per i giornalisti. L’intento era quello di modificare la legge 47 del 1948 che prevedeva la pena detentiva per i cronisti condannati per diffamazione. La nuova proposta di legge era stata presentata all’inizio del 2023 ma le conseguenze sono state esattamente le opposte. L’emendamento presentato dal relatore Gianni Berrino (Fdl) ha proposto di rintrodurre il carcere fino a quattro anni e mezzo, e di aggiungere delle multe da 50 a 120 mila euro.

La polemica si è immediatamente accesa e a sollevare i dubbi sono stati Lega, Forza Italia e Noi Moderati. I primi due hanno chiesto la rettifica dell’emendamento, mentre il PD ha parlato di un attacco alla libertà e all’informazione.

I giornalisti liguri hanno preso posizione sulla vicenda affermando che: “questi emendamenti rappresentano l’ennesimo attacco alla libertà di stampa con l’Italia che scivola sempre più pericolosamente verso paesi come Russia, Cina, Bielorussia o Iran“. La norma inoltre è in contrasto con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, che nel 2021 aveva dichiarato illegittimo l‘articolo 13 della legge 47 proprio perché prevedeva il carcere. Inoltre nel 2012 la Corte europea dei Diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per aver adottato la pena detentiva nei confronti del giornalista Alessandro Sallusti. Ma nonostante questo, Fratelli d’Italia ha deciso di riproporre la norma.

La maggioranza si divide. Fratelli d’Italia cerca di introdurre la detenzione fino a 4 anni e mezzo e sanzioni pecuniarie fino a 120mila euro per i cronisti, presentando 15 emendamenti al testo sulla diffamazione. Una proposta che non è piaciuta a tutti nel centrodestra, come testimoniato dalle parole di Giulia Bongiorno (Lega), alla presidenza della Commissione giustizia: “Ci sarà a breve una riunione di maggioranza sul punto”. Perplessità espresse anche da Pierantonio Zanettin: “Ci sono diversi dubbi da sciogliere”, meno possibilità Maurizio Lupi di Noi Moderati: “Da parte nostra c’è un deciso no”. Secondo la senatrice Avs, Ilaria Cucchi, è “una forma di intimidazione”. Mentre per i senatori Dem in Commissione Giustizia si tratta di “un segnale pesantissimo”. “E’ una deriva pericolosissima” è l’allarme che lancia la senatrice M5S Dolores Bevilacqua.

Alfredo Bazoli del Partito democratico  parla di “misure gravi contro la libertà di stampa”. Secondo quanto proposto dal relatore di FdI Gianni Berrino infatti, non solo resta il carcere già previsto nell’articolo 595 del Codice penale, che quasi tutti i ddl puntavano ad eliminare, ma la detenzione aumenta fino a 4 anni e mezzo. In sostanza se una persona, anche incensurata, viene condannata, dovrà scontare sicuramente almeno un anno di carcere, oltre all’interdizione alla professione da 2 mesi a 2 anni.

Particolare poi l’attenzione verso le fake news, con l’articolo 595-bis del Codice penale, che mira a punire chi “con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’altrui reputazione attribuisce pubblicamente fatti che sa essere anche in parte falsi”. La pena in questi casi va da 6 mesi a 1 anno e con la multa da 15.000 a 50.000 euro. Il rischio è anche che aumenti, se la fake news riguarda un corpo politico, amministrativo e giudiziario. Attenzione poi, perché sarà considerato responsabile non solamente “l’autore dell’offesa”, ma anche “l’autore della pubblicazione”.

Berrino sottolinea la bontà della proposta, precisando come “nessuno ha diritto di inventarsi fatti falsi e precisi per ledere l’onore delle persone. Quello non è diritto d’informazione, ma un’orchestrata macchina del fango”. I suoi emendamenti, tra i quali ci sono anche quelli sulle liti temerarie che prevedono la condanna per il querelante solo in caso di “colpa grave”, vengono criticati i dalla Fnsi che lo ha definito un “provvedimento incivile”, e dall’Ordine dei giornalisti che ha parlato di “posizioni inaccettabili frutto di pulsioni autoritarie”.

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