La Guardia di Finanza di Vicenza, a seguito di un’attività di polizia giudiziaria durata circa due anni, ha scoperto una serie di raffinati sistemi di frode connessi alla commercializzazione di oro e preziosi da parte di alcune società italiane con operatori esteri, messi in atto con la complicità di rappresentanti doganali di note case di spedizione. Sui conti correnti di uno di questi, che dichiarava uno stipendio mensile di mille euro, sono stati rinvenuti versamenti in contanti non giustificati per circa mezzo milione di euro. Le cessioni in nero di preziosi, da parte di 6 società , per oltre 3,3 tonnellate, venivano mascherate soprattutto da false esportazioni, principalmente nei confronti di società rivelatesi inesistenti di Hong Kong, della Federazione Russa e della Croazia. Rilevata anche l’introduzione di oro in contrabbando dalla Corea del Sud, simulando fittizie rispedizioni all’estero di beni in transito. I reati contestati, attribuiti a vario titolo a 15 persone, vanno dal contrabbando, alla falsità ideologica, all’appropriazione indebita sino alla frode fiscale. Le indagini, condotte con la collaborazione delle Autorità cinesi e russe, hanno consentito di ricostruire flussi finanziari veicolati da 26 società con sede in Paradisi finanziari (Panama, Isole Vergini, Seychelles, Gibilterra e Svizzera) per oltre 36 milioni di euro. Nell’ultimo biennio, il Nucleo di Vicenza, nel solo comparto orafo, ha recuperato a tassazione una base imponibile di oltre 370 milioni di euro.
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