Il G20 è stato molto utile all’Italia e ha consacrato la Meloni come leader che ha tutte le carte in regola per sedere nel consesso dei Grandi della terra. La premier ha scelto con cura i propri interlocutori selezionandoli sulla base delle nostre emergenze e dei nostri interessi nazionali. Gli incontri, in particolare quelli con i presidenti americano, cinese e turco, danno l’idea di confronti mirati e tutt’altro che di facciata. Appare evidente, in questo caso, la malafede della stampa di sinistra che ha sottolineato il mancato “bilaterale” con Emmanuel Macron ai G20 di Bali. Nulla di più fuorviante. A chi ha cercato di farglielo notare sul posto, la premier ha avuto buon gioco nel rispondere che lei e il presidente francese non avevano certo bisogno di darsi appuntamento in Indonesia per parlare della crisi dei rapporti tra Roma e Parigi. Ci saranno tempi e luoghi più congrui. E così ha respinto il tentativo di far apparire come un mezzo fiasco la missione del nuovo governo al suo debutto sul proscenio mondiale. È vero, invece, il contrario.
Giorgia Meloni con Joe Biden ha parlato di Ucraina ma anche del gas liquido americano, della necessità di aumentarne il quantitativo da importare in Italia abbassandone, in compenso, il prezzo. Più complicato il bilaterale con Xi Jinping, con cui i rapporti non distesi come con gli statunitensi.
Gran parte dei membri» del G20 «condanna fermamente la guerra in Ucraina», si legge nella dichiarazione finale, nel quale viene anche rimarcato come il conflitto in Ucraina stia minando l’economia globale. Nel documento, che ricalca la bozza diffusa ieri, si sottolinea che la guerra in Ucraina sta «causando immense sofferenze umane e esacerbando le fragilità esistenti nell’economia globale, limitando la crescita, aumentando l’inflazione, interrompendo le catene di approvvigionamento, aumentando l’insicurezza energetica e alimentare ed elevando i rischi per la stabilità finanziaria».
La dichiarazione finale del G20, del quale fa parte anche la Russia, presente a Bali con il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, precisa quindi che «esistono altri punti di vista e diverse valutazioni della situazione e delle sanzioni». Riconoscendo che il G20 non è la sede per risolvere le questioni di sicurezza», si rimarca come «le questioni di sicurezza possono avere conseguenze significative per l’economia globale». Il testo inoltre sottolinea con fermezza che «l’uso o la minaccia di uso di armi nucleari è inammissibile». «La risoluzione pacifica dei conflitti, gli sforzi per affrontare le crisi, così come la diplomazia e il dialogo, sono vitali. L’era di oggi – è la conclusione della dichiarazione – non deve essere di guerra».
L’anno prossimo scadono gli accordi del memorandum italo-cinese sulla Via della Seta che tanti sospetti ha sollevato a Washington. Nel frattempo, Meloni e Jinping hanno deciso di incrementare le esportazioni italiane verso Pechino. Infine Erdogan: complice la passività dei governi passati, l’Italia ha perso ogni influenza sulla Libia, tornata a girare stabilmente intorno all’orbita turca. L’iniziativa della Meloni è utile a capire anche se ci restano margini per riprendere in mano il dossier della nostra ex-colonia. Che è oggi il principale fattore d’instabilità del Mediterraneo, cioè di casa nostra. È da lì, ad esempio, che partono i migranti. Discuterne con Macron sarà necessario. Averne prima parlato con Erdogan potrebbe rivelarsi fondamentale.
Poi quello con il primo ministro canadese, Justin Trudeau e quello con il premier giapponese Fumio Kishida. Nonché con il primo ministro indiano, Narendra Modi.
Grazie alla presenza del presidente del Consiglio a Bali c’è grande attenzione verso l’Italia e non quell’isolamento che la sinistra sta raccontando. Tutti riconoscono invece all’Italia un ruolo fondamentale nello scacchiere internazionale.