‘Israele è uno Stato sovrano e ha il diritto di determinare la propria capitale. Riconoscerlo è condizione necessaria per raggiungere la pace. Gerusalemme è sede del governo israeliano, casa del Parlamento israeliano, così come della Corte suprema, della residenza ufficiale del premier e di quella del presidente. Quindi è il quartier generale di tutte le istituzioni e dei ministeri. Dio benedica gli israeliani, Dio benedica i palestinesi’,  così il presidente americano ha chiuso il discorso durato circa 5 minuti.

 Il presidente palestinese ha detto di aver ordinato alla delegazione diplomatica palestinese di lasciare Washington e di rientrare in patria: ‘Gerusalemme  è la capitale eterna dello Stato di Palestina’.

‘Riconoscendo Gerusalemme capitale di Israele e preannunciando lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv, Trump ha distrutto ogni speranza di soluzione di pace sulla base del principio dei due Stati come previsto dagli accordi di Oslo del 1993,  così l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ex formazione terroristica di Yasser Arafat, ora ombrello politico che include Fatah, fazione maggioritaria nell’Anp di Abu Mazen.

Otto paesi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – Bolivia, Egitto, Francia, Italia, Senegal, Svezia, Gran Bretagna e Uruguay – hanno chiesto una riunione di emergenza sulla decisione di Trump. Lo fanno sapere all’Ansa fonti diplomatiche dell’organo Onu. La riunione del Consiglio di Sicurezza si dovrebbe tenere entro la fine della settimana, probabilmente venerdì.

  Per la scelta di Trump oggi Papa Francesco ha espresso la sua profonda preoccupazione e ha lanciato un accorato appello a rispettare lo status quo. In udienza generale Bergoglio ha sottolineato: ‘Prego il Signore che tale identità sia preservata e rafforzata a beneficio della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero e che prevalgano saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti. Gerusalemme è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, che in essa venerano i Luoghi Santi delle rispettive religioni, e ha una vocazione speciale alla pace’.

La decisione di  Trump va valutata sotto diversi aspetti, a partire dalla volontà di tenere fede alle promesse elettorali ogni qualvolta sia possibile farlo tramite decisione unilaterale,   e la volontà di ribaltare l’operato del suo predecessore, Barack Obama. Inoltre c’è  la consapevolezza che il processo di pace tra Israele e Palestina ha subito una  battuta d’arresto negli ultimi anni.

Il rischio di un aumento della violenza in seguito alla decisione di Trump esiste ma solo  per quanto riguarda   rappresaglie e azioni mirate da parte di frange estremiste palestinesi.    La decisione di Trump sembra avere compattato un fronte che comprende paesi molto diversi tra loro: dall’Arabia Saudita alla Turchia all’Iran. Nelle parole di Erdogan  troviamo il desiderio  di accreditarsi come leader del mondo musulmano sunnita.

Il motivo dell’improvvisa accelerazione di Trump su Gerusalemme la si può trovare  in  un accordo raggiunto in maniera informale nei mesi scorsi tra Jared Kushner, genero di Trump che gestisce il dossier israeliano, e Mohammad bin Salman, erede al trono saudita, in base al quale l’Arabia Saudita sarebbe disponibile a una normalizzazione dei rapporti con Israele in cambio di un solido appoggio alla politica anti-iraniana di Riyadh. Se guardiamo alle recenti mosse saudite, tutte improntate al respingimento dell’influenza iraniana nella regione, possiamo trovare conferma del fatto che il rinsaldamento di un asse anti-Iran sia in cima all’agenda delle priorità della leadership saudita.

 

L’ipotesi di uno scontro diretto tra Iran/Hezbollah e Israele si è fatta sempre più probabile nelle ultime settimane.  Quella in corso  è sicuramente una manovra accerchiatoria da parte di Arabia Saudita e Israele nei confronti della Repubblica islamica iraniana. Il fatto che alla Casa Bianca sieda oggi un presidente apertamente anti-iraniano rinsalda il fronte saudita-israeliano, portando i due strani alleati a compiere azioni estremamente audaci.