‘Facciamo appello per una nuova intifada contro l’occupazione e contro il nemico sionista, ed agiamo di conseguenza’, ha affermato il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, in un discorso pronunciato dalla propria abitazione a Gaza e trasmesso dall’emittente di Hamas ‘al-Aqsa tv’, mentre nelle strade della città si notano numerose manifestazioni di protesta contro gli Stati Uniti. ‘Il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele è una dichiarazione di guerra nei nostri confronti’, ha aggiunto.
Le autorità palestinesi hanno proclamato per oggi lo sciopero generale in Cisgiordania, a Gerusalemme est e a Gaza per protesta contro le decisione del presidente Usa Donald Trump su Gerusalemme. Lo riporta l’agenzia Wafa che segnala uffici, negozi e scuole chiusi in molte città palestinesi. Già ieri notte, secondo la stessa fonte, ci sono state manifestazioni spontanee di protesta a Gerusalemme, Ramallah, Betlemme e anche nella Striscia. A mezzogiorno (ora locale) è prevista una manifestazione oggi presso la Porta di Damasco della Città Vecchia.
Benyamin Netanyahu è tornato a felicitarsi con Donald Trump per il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele e ha rivelato che altri Paesi potrebbero seguire il suo esempio: ‘Siamo in contatto con altri Paesi affinché esprimano un riconoscimento analogo e non ho alcun dubbio che quando l’ambasciata Usa passerà a Gerusalemme, e forse anche prima, molte altre ambasciate si trasferiranno. E’ giunto il momento’.
In seguito ad un esame della situazione da parte dello Stato maggiore, è stato deciso che un certo numero di battaglioni saranno inviati come rinforzo in Giudea-Samaria (Cisgiordania), ha reso noto il portavoce militare israeliano. Le forze armate hanno messo in stato di allerta anche altre unità per far fronte a possibili sviluppi legati alle proteste palestinesi per il riconoscimento Usa di Gerusalemme come capitale di Israele.
‘E’ il momento di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. E’ la cosa giusta da fare’. Lo storico annuncio di Donald Trump arriva in diretta tv. Un brevissimo discorso dalla Diplomatic Reception Room della Casa Bianca per spiegare che la svolta che manda in soffitta 70 anni di politica estera Usa è una scelta necessaria per la pace: ‘Pazienza se il mondo arabo è in fibrillazione, se a Gaza già bruciano le bandiere americane e se Hamas parla di decisione che ha aperto le porte dell’inferno, col rischio di un’esplosione incontrollata della violenza. E pazienza se dalla comunità internazionale arriva un coro di ‘no’ allo strappo unilaterale deciso dal presidente americano, compreso quello di Papa Francesco che chiede il rispetto dello status quo’.
Trump tira dritto per la sua strada, anche a costo di isolare l’America tra i suoi più stretti alleati, e conferma anche che l’ambasciata americana in Israele sarà trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme, senza per ora indicare i tempi: ‘Non si può continuare con formule fallimentari, per risolvere la questione israelo-palestinese serve un nuovo approccio’.
‘Gli Usa hanno rinunciato al loro ruolo di mediatori di pace’, la reazione del leader palestinese Abu Mazen. Ma Trump assicura che la fuga in avanti non comprometterà il difficile processo. Un processo su cui ribadisce con fermezza l’impegno degli Stati Uniti, che continuano a credere come la via dei due Stati sia quella da percorrere, oltre ad essere quella condivisa dall’intera comunità internazionale. Trump sembra crederci, nonostante lo scetticismo generale. E invia il vicepresidente Mike Pence per una missione nella regione mediorientale.
IL DISCORSO DI TRUMP
L’unico a esultare è il premier israeliano Benyamin Netanyahu, che parla di ‘pietra miliare’ e di ‘decisione storica’. Non la pensano così Iran e Turchia, i due Paesi musulmani che hanno replicato in maniera più dura a Trump, parlando di provocazione ingiustificata e minacciando rappresaglie. ‘La Palestina sarà liberata’, ha reagito l’ayatollah Khamenei. Mentre la Lega Araba si prepara sabato a riunire i suoi ministri degli Esteri, e il presidente turco Erdogan ha convocato un summit dei Paesi islamici a Istanbul. Si lavora insomma alle contromisure, con alcuni degli osservatori che non escludono cambiamenti sul fronte geopolitico. Ma strali sulla decisione del presidente americano sono arrivati anche dall’Europa, dalla Nato e dal Palazzo di vetro. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha espresso tutto il suo disappunto per una decisione che smentisce 70 anni di risoluzioni Onu, dicendosi contrario a ogni decisione unilaterale. Poi il monito: ‘Gerusalemme è la capitale di Israele e dei palestinesi. E non esiste un piano B rispetto alla soluzione dei due Stati’.
Le parole più severe sono quelle del presidente francese Emmanuel Macron, che parla di decisione ‘deplorevole’. Per la premier britannica Theresa May ‘Gerusalemme deve essere una capitale condivisa’. Preoccupazione trapela anche dal Quirinale e da Palazzo Chigi, con Gentiloni che ha indicato nel processo di pace basato sui due Stati l’ambito nel quale definire il futuro status di Gerusalemme.