“Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale”. Le parole del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti dettate a Bruno Vespa per il libro “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e perché Draghi la sta risanando)” in uscita il 4 novembre per Mondadori Rai Libri rischiano di creare un nuovo ‘terremoto’ politico nella Lega e nella politica italiana. Chi parla sa cosa dice e le sue non sono parole buttate, così, al vento. Giorgetti è un politico di razza, un uomo serio, non solo il volto ‘buono’ del Carroccio: è l’uomo delle istituzioni e dei rapporti internazionali che veramente contano, atlantista ed europeista. Lui è l’uomo dalle dietro le quinte, dalle lunghe e larghe vedute, che sa ragionare e vedere oltre la lunghezza del suo naso. Per questo Mario Draghi l’ha voluto nel suo esecutivo. Ed è l’unico che può sdoganare la Lega ed aprirle le porte di palazzo Chigi.
“Già nell’autunno del 2020 le dissi – dichiara Giorgetti a Vespa – che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi”. E il governo? “Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo de facto”.
“Sarebbe – spiega il numero 2 della Lega – un semipresidenzialismo de facto, in cui il presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole”. Insomma, come ha fatto a suo tempo Giorgio Napolitano. “Lui l’ha fatto dinanzi a un mondo politico spaesato”, precisa Giorgetti. “Draghi baderebbe all’economia”, aggiunge.
Ma a fare rumore sono le parole destinate al segretario del suo partito, Matteo Salvini. “Se vuole istituzionalizzarsi in modo definitivo – dice nel libro Giorgetti – Salvini deve fare una scelta precisa. Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo gruppo. Ma l’alleanza con l’AfD non ha una ragione”. Per il ministro dello Sviluppo Economico la svolta europeista del segretario della Lega ‘è un’incompiuta’. Quanto all’ipotesi di un ingresso della Lega nel Ppe “è un’ipotesi che regge se la Cdu non si sposta a sinistra”.
“Non ci sono due linee. Al massimo sensibilità diverse. Amando le metafore calcistiche, direi che in una squadra c’è chi è chiamato a fare gol e chi è chiamato a difendere”. “Lei mi chiede – dice Giorgetti a Vespa – se io e Salvini riusciremo a mantenere un binario comune. Continueremo a lavorare così finché il treno del governo viaggia veloce, altrimenti rischiamo noi di finire su un binario morto. Il problema non è Giorgetti, che una sua credibilità internazionale se l’era creata da tempo. Il problema è se Salvini vuole sposare una nuova linea o starne fuori. Questa scelta non è ancora avvenuta perché, secondo me, non ha ancora interpretato la parte fino in fondo. Matteo è abituato a essere un campione d’incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso”. Però c’è il problema Giorgia Meloni che continua a rosicchiare voti alla Lega. “È vero, ma i western stanno passando di moda. Secondo me, sono finiti con Balla coi lupi. Adesso in America sono molto rivalutati gli indiani nativi”.
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