Giorgia Meloni agli Stati Generali della Natalità, raccoglie in consenso di papa Francesco, ma non di Mario Lavia. Aberrante tecnica di natalità con il DNA di tre persone…

Applausi per Giorgia Meloni da parte di Papa Francesco al termine del suo discorso agli Stati Generali della Natalità, all’Auditorium Conciliazione. Il Pontefice si è alzato per stringere la mano alla presidente del Consiglio dopo il suo intervento. “Noi viviamo in un’epoca nella quale parlare di natalità, di maternità, di famiglia è diventato sempre più difficile. Sembra quasi un atto rivoluzionario- esordisce il premier- . Noi siamo stati avvertiti del fatto che ci sarebbe stato un tempo nel quale avremmo dovuto batterci per dimostrare che le foglie sono verdi in estate e che due più due fa quattro”. Un intervento vibrante in cui ha ribadito i principi che da sempre ispirano la sua azione politica e quella del governo da lei guidato. Bisogna “promuovere una nuova vitalità della nostra società. Non vogliamo uno Stato etico: vogliamo unno Stato che accompagni e non diriga. Vogliamo credere nelle persone, scommettere sugli italiani e sui giovani; sulla loro fame di futuro”.

Un impegno costante, una stella polare per l’esecutivo. “Fin dal nostro primo giorno, il governo ha messo i figli e i genitori in cima all’agenda politica. Abbiamo fatto della natalità e della famiglia una priorità assoluta della nostra azione. Vogliamo che l’Italia torni ad avere un futuro, a sperare e a credere in un futuro migliore rispetto a questo presente incerto. I figli sono la prima pietra per la costruzione di qualsiasi futuro”, ha sottolineato il presidente del Consiglio. Fronteggiare il tema della natalità “è la nostra prima e più grande sfida”- scandisce Meloni-. E per affrontarla non serve “un’impostazione dirigista” ma un “approccio sussidiario” da parte dello Stato, il cui compito è “creare le condizioni favorevoli” per favorirla. Lo ha detto, intervenendo agli Stati Generali della Natalità, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che entra nello specifico: “Noi vogliamo una nazione nella quale non sia più scandaloso dire che qualsiasi siano le legittime, libere scelte e inclinazioni di ciascuno, siamo tutti nati da un uomo e da una donna. Vogliamo una Nazione nella quale non sia un tabù dire che la maternità non è in vendita, che gli uteri non si affittano, che i figli non sono prodotti da banco. Che puoi scegliere sullo scaffale come al supermercato. E magari restituire se poi il prodotto non corrisponde a quello che ti aspettavi. Vogliamo ripartire dal rispetto della dignità, dell’unicità e dalla sacralità di ogni essere umano”. Un passaggio forte, determinante: “Vogliamo affrontare questa sfida con gli occhi della realtà, non vogliamo infilare la camicia di forza dell’ideologia” dichiara Giorgia Meloni dagli Stati Generali della Natalità presso l’Auditorium Conciliazione.

Papa Francesco, applaude, si alza, stringe la mano a Giorgia Meloni. Un gesto fondamentale, enorme. Poi il pontefica parla alla platea: “Ridare impulso alla natalità vuol dire riparare le forme di esclusione sociale che stanno colpendo i giovani e il loro futuro. Ed è un servizio per tutti: i figli non sono beni individuali. Ma persone che contribuiscono alla crescita di tutti, apportando ricchezza umana e generazionale”.

“La speranza – ricorda Francesco- si nutre dell’impegno per il bene da parte di ciascuno. Cresce quando ci sentiamo partecipi e coinvolti nel dare senso alla vita nostra e degli altri. Alimentare la speranza è dunque un’azione sociale, intellettuale, artistica; politica nel senso più alto della parola; è mettere le proprie capacità e risorse al servizio del bene comune: è seminare futuro. La speranza genera cambiamento e migliora l’avvenire“.  Ha replicato Meloni: “Vincere l’inverno demografico, ci ha detto Papa Francesco, significa combattere qualcosa che va contro le nostre famiglie: la nostra patria, il nostro futuro. Santità, noi amiamo le nostre famiglie, amiamo la nostra patria, crediamo nel nostro futuro. E faremo fino in fondo la nostra parte”.

Papa Bergoglio afferma, dunque di considerare gli “Stati generali della Natalità” – arrivati alla terza edizione – ”come  un cantiere di speranza. Un cantiere dove non si lavora su commissione, perché qualcuno paga. Ma dove si lavora tutti insieme proprio perché tutti vogliono sperare”. Di qui il suo augurio: che questa edizione sia l’occasione per “allargare il cantiere”, per creare, a più livelli, una grande alleanza di speranza. Qui è bello vedere – aggiunge il Pontefice- il mondo della politica, delle imprese, delle banche, dello sport, dello spettacolo, del giornalismo: riuniti per ragionare su come passare dall’inverno alla primavera demografica. Su come ricominciare a nascere, non solo fisicamente, ma interiormente. Per venire alla luce ogni giorno e illuminare di speranza il domani. Non rassegniamoci al grigiore e al pessimismo sterile. Non crediamo che la storia sia già segnata, che non si possa fare nulla per invertire la tendenza. Perché – permettetemi di dirlo nel linguaggio che prediligo, quello della Bibbia – è proprio nei deserti più aridi che Dio apre strade nuove . Cerchiamo insieme queste strade!“. Riattivare la speranza significa mettersi in moto per trovare soluzioni. A voi, che siete qui per trovare buone soluzioni, frutto della vostra professionalità e delle vostre competenze, vorrei dire: sentitevi chiamati al grande compito di rigenerare speranza, di avviare processi che diano slancio e vita all’Italia, all’Europa, al mondo”.

“La natalità, così come l’accoglienza, non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia”. Lo ha ammonito il Papa intervenendo agli Stati Generali della Natalità’ a Roma insieme alla premier Giorgia Meloni, anche lei vestita di bianco. Il Papa, a braccio, ha poi raccontato due aneddoti: “Due settimane fa il mio segretario attraversava la piazza e veniva una mamma col carrozzino: lui è un prete tenero, si avvicina. Era un cagnolino. Quindici giorni fa all’udienza io andavo a salutare, arriva una signora, cinquantenne più o meno, come me! – ha scherzato – La saluto la signora e lei apre una borsa e dice, me lo benedice al mio bambino, un cagnolino: non ho avuto pazienza e l’ho sgridata, tanti bambini hanno fame, e lei col cagnolino!”.

Ha colpito tutti la “papessa” Giorgia Meloni di bianco vestita accanto a Papa Francesco, alla fine persino lui ci ha scherzato su rilevando l’incongrua uniformità cromatica. Ma chi se ne importa, in fondo. Fosse stato questo, il problema della presidente del Consiglio. Agli Stati generali sulla famiglia Meloni ha fatto un discorso politico sui temi morali che molto informano la cultura della destra come al solito senza riuscire a tenere a freno il tono, appunto, politico, condotto con l’ormai ben noto cantilenare comiziando: e davanti al Pontefice! Non è solo una questione di bon ton, dati che, come per il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l’ha mica se lo può dare: la questione piuttosto è che Meloni utilizza qualunque occasione per rimarcare un tono inutilmente aggressivo e polemico, è il suo carattere. Ma in certe occasioni la cosa oltre che fuori luogo può evidenziare l’enorme differenza di livello con gli interlocutori, in questo caso – e scusate se è poco – papa Francesco.

Quest’ultimo ha svolto un discorso forte, declinando alla sua maniera l’urgenza di superare «l’inverno demografico» ma non lo ha fatto in modo ideologico, ma politico, richiamando la politica a mettere in atto,«politiche lungimiranti» con un occhio particolare ai giovani, persino con una implicita allusione alla battaglia degli studenti: «Forse mai come in questo tempo, tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto». E questo perché in questo contesto di incertezza e fragilità le giovani generazioni «sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà con difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti».

Un discorso di politica sociale – «solo i più ricchi possono permettersi di fare figli: ingiusto e umiliante» – stando attento a restare fuori dalle polemiche sulle famiglie Arcobaleno o sulla maternità surrogata, temi che dividono e che forse neppure si possono adeguatamente affrontare sul palco di un evento come quello degli Stati generali sulla famiglia. Francesco è stato Francesco, insomma. E se qualcuno può nutrire perplessità sull’opportunità di un intervento del Pontefice a una manifestazione con il Governo  in gran spolvero, bisogna sempre fare i conti con l’agire di questo Papa che usa tutti gli spazi, anche quelli che possono risultare, e magari sono davvero, incongrui, pur di far sentire la sua voce. Invece Meloni, puntando a ottenere un mega spot di formidabile visibilità, è apparsa del tutto fuori posto. Snocciolando con tono da comizio un discorso che è stato un distillato di oscurantismo e aggressività:«Vogliamo restituire agli italiani una nazione nella quale esser padri non sia fuori moda», ha scandito la presidente del Consiglio in contrasto con le leggi (vedi alla voce Unioni civili) oltre che con il sentire comune del Paese prima di attaccare la maternità surrogata. «Vogliamo una Nazione in cui non sia un tabù dire che la maternità non è in vendita e gli uteri non si affittano, che i figli non sono prodotto da banco che puoi scegliere e restituire se non ti piacciono». Lo stile è questo. Il tono minaccioso. La mimica arrogante, A due metri da Papa Bergoglio che aveva appena ricordato che è necessario «affrontare il problema insieme, senza steccati ideologici e prese di posizione preconcette», la leader di Fratelli d’Italia – questa era la sua postura reale, altro che capo del Governo – ha scagliato i suoi anatemi oscurantisti in un crescendo rossiniano: «Vogliamo affrontare questa sfida con gli occhi della realtà, il motore della visione e non vogliamo infilare la camicia di forza dell’ideologia». Dove ideologia per lei equivale a modernità e a libertà di scelta: drappi rossi davanti al toro reazionario. Fine del comizio, applausi, risate con il Papa. La battaglia meloniana per una «Nazione» fondata su basi culturali e morali di secoli fa continua’, è l’inutile fazioso commento del giornalista Mario Lavia, al quale sfugge  che non è questione di ‘modernità’ la non ignava questio la maternità. Forse Lavia, in termini di modernità, riserverebbe applausi a questa indegna notizia: ‘Una nuova frontiera scientifica si è aperta davanti ai nostri occhi. A Newcastle è nato un bambino con il DNA di tre persone, ovvero quello dei due genitori biologici con l’aggiunta di una piccola parte di DNA mitocondriale di una donatrice, con il quale si dovrebbe ridurre drasticamente la probabilità che il piccolo sia vittima di patologie genetiche incurabili. Il neonato che ha visto la luce nelle scorse ore è il primo nato in Gran Bretagna con ben tre DNA: il 99,8% dai genitori biologici, e circa lo 0,1%, più o meno 37 geni, da una donatrice. Il bambino è nato in seguito a una procedura di fertilizzazione in vitro (FIVET / IVF) conosciuta sia come Spindle Nuclear Transfer, Trattamento di donazione mitocondriale (MDT) che come Terapia sostitutiva mitocondriale (MTD) Il “concepimento”, come detto in vitro, è stato eseguito presso il Newcastle Fertility Centre, dove i medici hanno per la prima volta riprodotto questa tecnica con successo nel Regno Unito. La tecnica utilizzata, nota come trattamento di donazione mitocondriale (MDT), utilizza il tessuto degli ovuli di donatrici sane “per creare embrioni di fecondazione in vitro privi di mutazioni dannose portate dalle loro madri e che potrebbero essere trasmessi ai loro figli”, come spiegato dal Guardian. In pratica, l’aggiunta del DNA mitocondriale della donatrice impedirebbe all’embrione, formatosi con il corredo genetico della madre e del padre, di assumere quei geni considerati portatori di malattie. A tal proposito il prof. Robin Lovell-Badge, docente del Francis Crick Research Institute, ha dichiarato: “Sarà interessante vedere come la MDT ha funzionato a livello pratico, se i bambini sono liberi dalla malattia mitocondriale e se esiste qualche rischio che sviluppino problemi più avanti nella vita. E anche se quello appena concepito è il primo neonato fecondato con questa tecnica nel Regno Unito, non è una novità mondiale, anche se tale procedimento è in realtà stato introdotto nel Paese da una legge del 2015. Nel 2016, un medico statunitense ha annunciato il primo parto MDT al mondo, avvenuto da una donna giordana portatrice di geni che causano una condizione chiamata sindrome di Leigh, che causa ai bambini ritardo psicomotorio, vomito ricorrente, epilessia e altri disturbi, che portano solitamente a decessi entro i primi anni di vita. La HFEA (la Human Fertilisation and Embryology Authority, ovvero l’autorità per la fecondazione umana e l’embriologia della Gran bretagna) ha affermato che “meno di cinque bambini” sono nati al 20 aprile 2023 con questa tecnica, senza però fornire ulteriori dati a riguardo’. Dai, Lavia applaudi questa aberrante tecnica di concepimento, e visto che ci sei proponila a Papa Francesco…

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