Giorgia Meloni avvia il Tavolo istituzionale delle riforme costituzionali convocando alla Camera i leader delle opposizioni

La premier comincia la partita più difficile, quella delle riforme costituzionali. Giorgia e i suoi Fratelli sono convinti della necessità di un Presidente della Repubblica eletto dal popolo “per dare stabilità e continuità alla politica e alla volontà del popolo di questa Nazione”. Forza Italia è molto più cauta e punta sul premierato, un leader di governo eletto dal popolo e con maggiori poteri di quelli attuali per cui non potrebbe, ad esempio, bastare un voto di sfiducia per mettere in crisi l’esecutivo. “Io credo – ha spiegato il vicepremier Tajani – che per l’Italia il premierato potrebbe essere una soluzione più gradita alla maggioranza delle forze in Parlamento”. Ciò detto, “la ricetta migliore va trovata insieme, maggioranza e opposizione” Anche la Lega diffida sull’elezione diretta del Capo dello Stato. L’unica cosa che veramente interessa adesso è l’autonomia regionale differenziata che Salvini vorrebbe subito e Meloni no. Le idee sono abbastanza discordanti  nella maggioranza.

Nelle opposizioni la situazione è ancora peggio con il Pd che perde pezzi (l’ultimo è l’economista Carlo Cottarelli, “il mio essere liberal-democratico non è più rappresentato dal Pd di Elly Schlein”), la segreteria spostata a sinistra e all’inseguimento di Conte e i riformisti senza una vera casa. Va detto che le riforme sono nel programma di Fratelli d’Italia e del governo. Il luogo d’incontro è la biblioteca della Camera.

E’  anche la prima volta di un faccia a faccia vero, su un tema specifico, tra Meloni e la Schlein. Tutte le forze di opposizione hanno risposto positivamente alla chiamata del presidente del Consiglio. Nel merito le premesse non sono delle migliori: il no al presidenzialismo è quasi corale, il ruolo e i poteri del Capo dello Stato non si toccano. Qualche spiraglio s’intravede sull’ipotesi di una sorta di premierato alla tedesca, ovvero affidare al presidente del Consiglio più poteri. Su questa linea, ad esempio, si posiziona Carlo Calenda: “Noi andiamo a vedere, se poi scopriamo che è o così o nulla, ce ne andiamo. In generale, visti i precedenti, sconsiglio di andare avanti per forza e da soli”. Favorevole all’elezione diretta del premier è Italia viva: da tempo Matteo Renzi immagina il premier come il sindaco d’Italia, ovvero un sistema di elezione diretta con doppio turno e superamento del bicameralismo. Il Pd è già diviso tra l’anima riformista che crede da tempo in una riforma profonda e in quella più conservatrice, a sinistra, e garante dello status quo. Come sono 5 Stelle e Sinistra e verdi: “Giù le mani dalla Costituzione”.

Insomma, divisi nella maggioranza e divisi nelle opposizioni. E Giorgia Meloni sa bene che per ottenere il risultato (anche nell’ipotesi più che probabile del referendum) ha bisogno di almeno un pezzo delle opposizioni. Premier e maggioranza di governo auspicano un confronto aperto senza pregiudiziali con le opposizioni. Ma, come ha chiarito il vicepremier Antonio Tajani, se le opposizioni sceglieranno l’Aventino e rifiuteranno il dialogo con la maggioranza “noi andremo avanti, poi ci saranno i referendum e decideranno i cittadini”.

Meloni a M5s: “L’instabilità è alla base dei problemi dell’Italia.  Credo che ci si renda tutti conto del fatto che il nostro sistema è caratterizzato da una fortissima instabilità che, paradossalmente, con la fine della prima Repubblica è peggiorata”, ha evidenziato Giorgia Meloni alla delegazione del Movimento 5 Stelle. “Abbiamo sempre avuto governi che duravano uno o due anni, la differenza tra la prima Repubblica e quello che è accaduto successivamente è che nella prima Repubblica la maggioranza restava sempre la stessa, nella seconda Repubblica al repentino cambio di Governo coincideva spesso un repentino cambio di maggioranza. L’instabilità è alla base di molti problemi dell’Italia, perché indebolisce inevitabilmente i governi, li ostacola, e ci indebolisce a livello internazionale. Il presidente Conte si rende conto, come me, del fatto che quando ci sono incontri internazionali gli interlocutori si pongono il problema di capire per quanto tempo tu sarai il loro interlocutore, cioè per quanto tempo sia utile ed efficace stringere rapporti e immaginare percorsi comuni”.

Conte: “Serve una commissione bicamerale sulle riforme”  Il M5s ha portato all’incontro con il governo il suo parere favorevole alla costituzione di una commissione bicamerale dedicata alle riforme costituzionali. “Siamo disponibili al dialogo in una commissione parlamentare costituita ad hoc e anzi raccomandiamo questo percorso. Perché le commissioni Affari costituzionali sono già oberate di tantissimo lavoro”. Sul tema dell’autonomia, invece, Conte ha osservato “l’assoluta contraddizione nel perseguire un progetto di autonomia regionale differenziata spinta, che svuota le funzioni di governo a favore delle Regioni e poi rafforzare i poteri e le prerogative del governo centrale”.

Gli obiettivi delle riforme sono “fondamentalmente due”, ha sottolineato la leader di Fratelli d’Italia. ” Stabilità della legislatura, come si fa a garantire nell’attuale sistema quando si va al voto e si elegge una maggioranza di far durare il governo che i cittadini hanno indicato di volere e per cinque anni. Ancora più importante come si fa a garantire che il governo che si forma dopo le elezioni sia rispettoso del voto. È importante che ci sia un collegamento il più possibile diretto fra le indicazioni di voto e il governo”.

“Abbiamo detto alla presidente che condividiamo in pieno il suo obiettivo di dare più stabilità al sistema politico italiano – ha detto la leader del Gruppo per le autonomie Julia Unterberger al termine dell’incontro con Meloni -. Se pensiamo che in 75 anni abbiamo avuto mi pare 67 governi, in Germania sono stati 25, si vede che quasi ogni anno cambia il governo. Pertanto capiamo e siamo convinti anche noi che si dovrebbe trovare una soluzione per dare più stabilità. Se sia questa il premierato oppure come in Germania la sfiducia costruttiva si può discutere. L’unico punto su quale noi siamo molto scettici è il presidenzialismo, soprattutto per noi autonomisti e minoranze linguistiche la figura del presidente è molto importante, perché al di là di tutti i partiti politici che erano al governo il presidente ci garantisce che vengano rispettate le regole e che vengano rispettati anche i nostri diritti costituzionalmente garantiti. A prescindere dalla nostra situazione, penso che l’Italia abbia bisogno di una figura come ora è quella del presidente Mattarella, che è arbitro in certe situazioni di crisi. Per noi toccarlo non sarebbe una soluzione che possiamo sostenere, per il resto siamo aperti al confronto”.

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