Giorgia Meloni e le nomine Ue

“Ci saranno grosse sorprese, in Europa”. Questa frase di Giorgia Meloni, unita alla sottolineatura sugli “errori nelle nomine Ue” della stessa premier italiana, potrebbe far leggere in tutt’altra luce una notizia: l’arrivo del premier ungherese Viktor Orban a Roma la prossima settimana, quasi sicuramente lunedì. “Salvo cambi d’agenda”, scrive Repubblica, ci sarà dunque il faccia a faccia tra i due leader “che potrebbe servire a sancire l’ingresso dei suoi eurodeputati in Ecr, in bilico da tempo”.

Repubblica, che sibillina e pessimista sottolinea la “nuova area” che tira, parla di una “nuova sfida italiana a Parigi e Berlino”. All’Europarlamento che si sta disegnando in questi giorni dopo le elezioni di una settimana fa qualcosa si sta già muovendo, e rischiano di essere scossoni non da poco: i Conservatori, ha annunciato soddisfatta la Meloni, hanno superato i liberali nella conta degli iscritti al gruppo parlamentare europeo grazie all’arrivo di nuovi deputati.

I timori della premier sono chiari: “Si è tentato di correre perché i protagonisti si rendono conto che è un accordo fragile”, sostiene durante la festa del Giornale riferendosi al cancelliere tedesco Scholz, socialista, e al presidente francese Macron, liberale, inequivocabilmente i due grandi sconfitti delle ultime urne. Con il secondo, peraltro, che a fine giugno potrebbe incassare un colpo dalle ko dalle elezioni politiche indette in fretta e furia dopo aver sciolto il Parlamento per cercare di frenare l’ascesa incontenibile di Marine Le Pen. “Ho trovato surreale che in Consiglio alcuni siano arrivati coi nomi, senza tentare prima una riflessione sull’indicazione dei cittadini e sul cambio di passo delle priorità – si è lamentata Meloni -. Io non interpreto la democrazia così, questi sono atteggiamenti che allontanano i cittadini”.

La data da segnare sul calendario è 27 e 28 giugno, prossimo Consiglio europeo. Meloni e conservatori puntano a far saltare ogni accordo tra Ppe, Pse e Liberali, proprio perché il 30 giugno il voto francese potrebbe indebolire in maniera letale Macron e obbligare, di fatto, i popolari a guardare a destra per ottenere una maggioranza più stabile e più in linea con il voto degli europei, come ammesso dallo stesso Manfred Weber qualche giorno fa. A Palazzo Chigi contano di avere il coltello dalla parte del manico, confidando di poter ottenere il massimo in cambio del bis di Ursula Von der Leyen come presidente della Commissione Ue. Per i top jobs, le carte italiane da giocare a Bruxelles sono sempre secondo Repubblica Raffaele Fitto come commissario al Pnrr, bilancio e fondi di coesione.

Secondo la Commissione europea, l’Italia è in situazione di disavanzo eccessivo, perché superiore al 3% del Pil, così come altri sei Stati membri dell’Ue: Belgio, Francia, Slovacchia, Malta, Polonia, Ungheria.

L’Esecutivo comunitario ha annunciato che chiederà a luglio per questi sette paesi l’apertura di una procedura per deficit eccessivo.

La Commissione ha adottato il suo pacchetto di primavera del Semestre europeo, che comprende anche un “Rapporto Omnibus” in applicazione dell’art 126(3) del Trattato sul funzionamento dell’Ue, riguardante le procedure per i disavanzi eccessivi.

“Nel caso di Francia e Italia, gli squilibri fiscali e i rischi per la sostenibilità dovrebbero essere ridotti attraverso il rispetto delle traiettorie fiscali definite nei piani a medio termine e nel quadro della riforma della governance economica”, ha sottolineato il commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni.

I paesi interessati dovranno presentare i loro piani di rientro dal deficit entro il 20 settembre, e la Commissione deciderà poi a novembre le sue raccomandazioni sui percorsi di aggiustamento.

“Vorrei sottolineare che il rapporto sulla situazione fiscale complessiva – ha spiegato Gentiloni – fornisce un quadro generale di stabilità e di deficit in graduale diminuzione. Nel complesso era del 3,5% nel 2023. Quest’anno è al 3%, in 2025 sarà inferiore al 3%. E questo quadro trasmette un messaggio di fiducia”.

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