Ad Atreju Giorgia Meloni, getta la maschera e torna alle origini. Ci ha stupiti perché pensavamo si fosse convertita al popolarismo europeo, ma soprattutto si fosse moderata e istituzionalizzata: è pur sempre la Presidente del Consiglio dei Ministri. I militanti di FDI si sono presi il Paese, ma sono pieni di rabbia e di rancore, perché nonostante i proclami sull’ Italia che cresce ed una Premier considerata, il più autorevole capo del Governo in Europa, le cose per il Paese non girano nel verso giusto. Dopo solo due anni a Palazzo Chigi, ecco una nuova Giorgia Meloni. Insulti alla segreteria del PD, Elli Schlein, dichiaratamente omosessuale, che “fa la battaglia partigiana sui carri del gay pride”. Attacchi al segretario della CGIL , Landini; messaggi al limite del minaccioso ai magistrati che ostacolano la detenzione dei migranti in Albania, senza pensare alle conseguenze di quelle” irragionevoli decisioni”. Polemiche anche contro alcuni giornalisti che non sposano il melonismo. Sul palco non c’era la Premier, ma un Trump all’italiana. Non dimentica, però di rivolgere il pensiero alla ragazzina, Yasmine, unica sopravvissuta al naufragio di qualche giorno fa. Sa, la Premier, che questa storia ha toccato il cuore della gente. “È il tempo dei conservatori italiani ed europei e di tutto il mondo” esulta Nicola Procaccini. Ormai la maschera non serve più, non serve più l’ ipocrisia e la finzione: si torna rapidamente alle origini. Ancora attacchi al PD che, secondo la Premier, è stato costretto a votare Fitto in Commissione Europea, dopo averne osteggiata la nomina. Tace, però, sulla produzione industriale che annaspa, ma rivendica il fatto che l’ Italia sia la quarta nazione esportatrice al mondo. A tal proposito ha ignorato il richiamo di Mario Draghi che ha detto che con i salari bassi e l’ export, l’ Europa continuerà a non crescere, con il pericolo di default. Ad Atreju si è celebrato il culto della personalità, ovviamente di Giorgia Meloni. Le sue invettive non risparmiano nemmeno un signore di 85 anni, Romano Prodi, reo di aver detto che la Premier “obbedisce”. Tutto avviene in un ambiente al chiuso, ovattato e con ospiti allineati e coperti, dove nemmeno una mosca si può mettere di traverso sulla strada della leader. Intanto fuori, le famiglie fanno il conto con il caro vita, con i salari bassi e le pensioni povere. Una vera e propria sfaldatura tra il trionfalismo meloniano, intriso di propaganda, e i problemi irrisolti del Paese. L’economia è sostanzialmente ferma e il governo butta 15 miliardi sul ponte di Messina. Poi nella legge di bilancio aumentano i pedaggi delle autostrade, ma si tagliano i soldi alla ricerca; i ministri e sottosegretari non eletti si aumentano gli stipendi. Si festeggia il surreale. Tornando indietro nella storia mi sembra di tornare agli ultimi anni dell’ impero romano, ai suoi ultimi sussulti prima della decadenza definitiva.
Andrea Viscardi