Giorgia Meloni e Matteo Salvini: ‘Sempre riusciti a restare uniti’

“Siamo sempre riusciti a restare uniti. Noi stiamo all’opposizione perché non abbiamo un piano B oltre l’unità del centrodestra, e spero che questo sia vero anche per gli altri. Comunque, per rafforzare la coalizione, sono pronta a creare un coordinamento parlamentare comune”,  dice Giorgia Meloni a Libero sull’unità del centrodestra.

Lega e Forza Italia pare lo stiano già facendo tra loro. E fanno bene, per difendersi dai giallorossi, secondo cui le larghe intese sono fare solo quel che dicono loro usando anche i voti degli altri. Questo governo pende a sinistra e Fdi all’opposizione è un valore per tutto il centrodestra. L’eventuale federazione tra Lega e azzurri non è una mossa contro di me, ma contro la sinistra.

Fdi è la destra ma negli anni si è arricchita, aprendo a culture e provenienze diverse. Bisogna lavorare in modo che si vada verso un bipolarismo: da una parte la destra, dall’altra la sinistra. Il centro significa troppo spesso disponibilità all’inciucio. Io auspico due schieramenti contrapposti, ciascuno con sfumature diverse al suo interno. Le specificità finiscono per essere un valore comune. Se Mario Draghi andrà al Colle, si andrebbe prima al voto.

In realtà alcuni giornalisti avevano ipotizzato, fin dall’inizio del governo Draghi, che il centrodestra abbia messo in campo una strategia per coprire sia la maggioranza di governo che l’opposizione, con Fratelli d’Italia posizionata all’opposizione.

“Non sono pessimista. Nelle grandi città soffriamo perché lì è più forte il voto clientelare della sinistra, ma il centrodestra si presenta ovunque unito, nonostante le divisioni sul governo, mentre la sinistra, che in Parlamento sta insieme per interesse, poi si presenta spaccata nelle città”, dice a Libero Giorgia Meloni. 

A maggio consigliai a Draghi di non fare l’errore di non mettere il Paese in sicurezza. Scuola, trasporti, uffici: non è stato fatto nulla, ci sono solo il dio vaccino e la dittatura del green pass, ma è un errore in termini d’efficacia».

Sui vaccini la linea  della Meloni coincide con quella di Salvini; “Servono, infatti mi sono vaccinata. Ma servono soprattutto alle categorie a rischio, anziani in particolare, per loro la valutazione rischi benefici pende nettamente a favore del vaccino, con il diminuire dell’età questo non è così scontato, almeno guardando i dati ufficiali. E soprattutto i vaccini da soli non fermano l’epidemia. Avanti così, rischiamo nuove chiusure. Il governo sul piano della comunicazione sta facendo un’operazione spregiudicata e pericolosa. Se Draghi dice che il green pass ti libera e il ministro Bianchi sostiene che se si è vaccinati si può stare in classe senza mascherina, si inducono comportamenti sbagliati solo per fare propaganda alla campagna vaccinale. Quali sono le evidenze scientifiche che i vaccinati non contagiano?. Mi sembra che il suo obiettivo non sia fermare il contagio ma vendere il vaccino.  Se, come si dice e penso, il vaccino consente di non ammalarsi gravemente, salvo casi eccezionali, bisogna smettere di contare i contagi, uscire dallo stato d’emergenza, trattare il Covid come una malattia qualsiasi e preoccuparsi solo se si riempiono le terapie intensive. Se davvero il governo ritiene che il vaccino abbatta la mortalità, allora elimini le quarantene e i divieti”.

All’indomani dell’uno-due di Mario Draghi su green pass e obbligo vaccinale, Matteo Salvini conferma che non ha alcuna intenzione di «lasciare l’Italia in mano a sinistra, Pd e M5S. E cerca di togliersi dall’imbarazzo ribadendo che, comunque, non defletterà dalle proprie posizioni, a partire da quelle sulla lotta al Covid. Così, mentre da un lato puntella la postazione del Carroccio nell’esecutivo, dall’altro continua a cannoneggiarlo sui consueti cavalli di battaglia, puntando però con un po’ più di forza su argomenti come i fallimenti del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, o il reddito di cittadinanza che sui temi inerenti il Covid.

Stiamo lavorando per portare avanti tutte le riforme necessarie, dal fisco alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alla concorrenza, con l’obiettivo di utilizzare al meglio i fondi europei del Pnrr. Ciò non toglie – ha detto Salvini – che, in caso di divergenze su singoli provvedimenti, la Lega confermerà in Parlamento le sue posizioni di sempre, evidentemente diverse da quelle della sinistra su temi come aumento delle tasse, immigrazione, taglio delle pensioni e obbligo vaccinale, che non esiste in nessun Paese europeo.

Quindi, il leader del Carroccio, che nelle ultime è tornato sul tema più e più volte, ha sottolineato che «resteremo nel governo assolutamente, a lungo». «Mai lasceremo l’Italia in mano a sinistra, Pd, 5 Stelle, ci sarebbe dietro l’angolo la patrimoniale, l’aumento dell’Imu, lo soli, il Ddl Zan e tante cose che non interessano all’Italia e gli italiani», ha proseguito, invitando Letta e Conte a «farsene una ragione: se non si trovano bene con Draghi si facciano da parte loro, la Lega c’è».

Ma Salvini, in questa fase così delicata, ha cercato anche la sponda dei governatori leghisti, con i quali ha avuto «uno zoom di un’ora». «C’è accordo comune su tutti i temi dell’autunno: l’autonomia, le tasse, il trasporto pubblico, le scuole e anche sul tema vaccini», ha detto ai microfoni di Radio Radio, mentre Luca Zaia parlava dell’obbligo dei vaccini come di «una sconfitta sociale», invitava il governo a promuovere una campagna contro le fake news per convincere i titubanti e chiariva di non avere alcuna «opposizione» al Green pass che «sia io sia Salvini abbiamo».

«Non c’è tifoseria no vax e sì vax. Io – ha chiarito lo stesso Salvini – sono vaccinato e ho il green pass, non ritengo di imporre la mia scelta ad altri. Rimaniamo, come Lega, culturalmente e per convenienza per i cittadini, sostenitori della volontarietà e della libertà di scelta». Quanto al green pass «può essere una tutela per i grandi eventi, ma pensare di metterlo in Metro a Roma alle 8 del mattino significa voler creare confusione e problemi».

Non deve comunque sfuggire che  Matteo e Giorgia si sono rivisti visto che  c’era da fare il punto sulle amministrative autunnali e manifestare a cielo aperto una compattezza ritrovata non soltanto a beneficio degli elettori e degli avversari. Negli ultimi giorni Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le indiscrezioni circa la possibilità che l’attuale assetto politico possa permanere immutato perfino dopo le politiche del 2023, con l’ex presidente della Bce ancora nel ruolo di premier sostenuto da una larga maggioranza trasversale e ricalcata sulla natura tecnocratica di un governo d’emergenza.

Una prospettiva del tutto indigesta agli occhi della Meloni e di Salvini ma  di certo non sgradita dai berlusconiani tornati rilevanti negli equilibri di Palazzo.

Se Draghi dovesse finire quirinalizzato nel 2022 le  probabilità di un voto anticipato crescerebbero in via esponenziale e Lega e Fratelli d’Italia hanno sancito  una distensione nei rapporti che prelude alla federazione delle rispettive forze in vista di un obiettivo più alto. Restano immutate le divaricazioni caratteriali e la concorrenza fra le liste, ma l’accordo rinverdito prevede di non farsi inutilmente del male. 

In breve, la disamina sui candidati sindaci è apparsa meno centrale di quanto si possa pensare – molta fiducia su Torino, zero per Bologna e Napoli, da rafforzare l’impegno per Roma e Milano – mentre di maggior interesse è stata la riflessione sulla necessità di ricalibrare sull’asse destra/sinistrala competizione elettorale. Se poi nascerà un arcipelago di centro, difficilmente potrà andare d’accordo con un Pd sequestrato ideologicamente dall’estremismo pauperista dei grillini. Anche Giorgetti, che pure della soluzione Draghi è stato il principale regista, a Villa d’Este suggeriva ai due leader di smetterla con le bastonate a distanza per iniziare piuttosto a disegnare la nuova maggioranza attesa dagli italiani.

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