Giorgia Meloni in Cina per le valide alternative alla via della Seta

Riequilibrare i rapporti tra Italia e Cina nel nome di una nuova via della Seta è uno degli obiettivi che il premier si è prefissato con questo viaggio. Un cambio di direzione rispetto alle politiche di Giuseppe Conte per la via della Seta, che ha trascinando l’Italia in un accordo totalmente sconveniente, dal quale Meloni è uscita per costruire nuovi equilibri, nonostante le critiche dell’ex premier di questi giorni. “Io capisco le difficoltà di Giuseppe Conte, perché aveva promesso che con l’ingresso dell’Italia nella Via della Seta si sarebbe riequilibrata la bilancia commerciale. La bilancia commerciale nel 2022, quando siamo arrivati noi, produceva un disavanzo per l’Italia di 41 miliardi di euro, quindi evidentemente non ha funzionato”.

“Io ho sempre detto che non ero d’accordo con la Via della Seta, che l’Italia secondo me avrebbe dovuto uscire dalla Via della Seta e che questo non avrebbe compromesso i rapporti con la Cina. Non so dove stia la giravolta perché quello che ho dimostrato ancora una volta è che si possono fare le cose seriamente e con coerenza”, ha proseguito Meloni. Il piano d’azione triennale è l’alternativa alla via della Seta. “Noi eravamo l’unica nazione tra le grandi nazioni dell’Europa occidentale a far parte della Via della Seta, ma non eravamo la nazione che aveva il migliore interscambio con la Cina, tutt’altro. Ci sono altre nazioni dell’Europa, tra le principali nazioni europee, che hanno un volume di investimenti cinesi che è molto più alto”, ha detto ancora Meloni. Oggi, ha proseguito, “gli investimenti italiani in Cina sono circa tre volte tanto quelli cinesi in Italia. Noi vogliamo chiaramente lavorare per rimuovere gli ostacoli relativi alla possibilità dei nostri prodotti di accedere al mercato cinese”.

“L’Italia rimane un’economia solida, strategicamente posizionata in Europa e nel Mediterraneo. Il livello della ricerca e dell’innovazione, e la forza del nostro sistema manifatturiero sono da sempre i nostri punti di eccellenza. Oggi possiamo vantare anche un’importante stabilità politica, fatto da noi abbastanza raro, ma non secondario, perché la stabilità politica garantisce anche la continuità delle strategie che si sceglie di perseguire. È una garanzia per chi investe e per chi riceve l’investimento”, afferma la premier Giorgia Meloni, intervenendo al Business Forum Italia-Cina a Pechino.

Quanto alla missione in Cina, alle sue finalità e ai suoi risultati, il premier ha ribadito l’impostazione dell’approccio alternativo alla Via della Seta. “Io ho sempre detto che non condividevo l’ingresso italiano nella Via della Seta, di conseguenza è stata una scelta di coerenza quella di decidere di uscire. Ma ho sempre detto che la presenza italiana nella Via della Seta non era l’unico modo per avere rapporti e anche per far crescere i nostri rapporti con la Cina”.

Per via della seta s’intende il reticolo, che si sviluppava per circa 8 000 km, costituito da itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali nell’antichità si erano snodati i commerci tra l’Impero cinese e l’Impero romano.

Le vie carovaniere attraversavano l’Asia centrale e il Medio Oriente, collegando Chang’an (oggi Xi’an) Luoyang in Cina, all’Asia Minore e al Mediterraneo attraverso il Medio Oriente e il Vicino Oriente. Le diramazioni si estendevano poi a est alla Corea e al Giappone e, a Sud, all’India. Il nome apparve per la prima volta nel 1877, quando il geografo tedesco Ferdinand von Richthofen  pubblicò l’opera Tagebücher aus China. Nell’Introduzione von Richthofen accenna al singolare alla Seidenstraße, la «via della seta» alludendo all’insieme di itinerari che univano l’Estremo Oriente all’Europa.

La Nuova via della seta  è un’iniziativa strategica della Repubblica Popolare Cinese per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell’Eurasia. Comprende le direttrici terrestri della “zona economica della via della seta” e la “via della seta marittima del XXI secolo”-

Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia cinese mira a espandere il suo commercio, favorendo i flussi di investimenti internazionali e aumentando gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi. L’iniziativa di un piano organico per i collegamenti terrestri fu annunciata dal presidente cinese Xi Jinping a settembre del 2013, e la via marittima ad ottobre dello stesso anno, contestualmente alla proposta di costituire la Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), dotata di un capitale di 100 miliardi di dollari USA, di cui la Cina sarebbe il principale socio, con un impegno pari a 29,8 miliardi e gli altri paesi asiatici (tra cui l’India e la Russia) e dell’Oceania avrebbero altri 45 miliardi (l’Italia si è impegnata a sottoscrivere una quota di 2,5 miliardi).

La Nuova via della seta è stata oggetto di forti critiche da parti dei paesi non partecipanti. In risposta all’iniziativa, infatti, gli Stati Uniti, il Giappone e l’Australia hanno dato vita al Blue Dot Network nel 2019, seguito dalla “Build Back Better World initiative” del G7 nel 2021.

La nuova via della seta attraversa tutto il continente eurasiatico collegando Cina e Spagna: Con le infrastrutture esistenti sono già stati inaugurati collegamenti merci diretti fino a Berlino e Madrid, ma è allo studio anche la possibilità di una linea passeggeri ad alta velocità. Il collegamento più veloce via treno merci tra Germania e Cina – inaugurato nel 2021 – congiunge la città di Wuwei, nella provincia di Gansu, ad Amburgo, in Germania in 13 giorni. Attraversando Russia, Bielorussia e Polonia.

La Via Marittima costeggia tutta l’Asia Orientale e Meridionale, arrivando fino al Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez. L’Italia sarebbe direttamente coinvolta nel progetto, offrendo il secondo porto del Mediterraneo – Palermo – dopo il porto del Pireo, e Trieste (nel quale la Cina partecipa direttamente tramite COSCO) prima del transito delle merci verso il Nord Europa. La Germania partecipa principalmente attraverso il porto di Amburgo, in cui il governo Scholz ha autorizzato l’entrata al 30% nella proprietà di un terminal container della società cinese COSCO.

Le proposte avanzate da Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio dei Ministri al tempo, durante l’OBOR Summit del 2017 (The Belt and Road Forum for International Cooperation) a Pechino, sono i porti delle città di Venezia, Trieste e Genova. A livello aggregato, i porti del Mediterraneo rappresenterebbero dei terminali importanti per il ramo marittimo della Nuova Via della Seta, che la Cina si ripropone di tenere ben distinto dalla piattaforma terrestre, intesa come la somma di una serie di “ponti terrestri” autostradali o ferroviari destinati a svolgere il ruolo di rotte commerciali e tratti d’incontro tra i Paesi interessati, tra cui spiccano il China-Pakistan Economic Corridor (CPEC) e il New Eurasian Land Bridge progettato per Cina e Germania attraverso Russia e Kazakistan.

Meloni si è detta “molto soddisfatta” dall’esito della missione. “Volevamo che fosse una visita con dei risultati concreti, quei risultati ci sono stati. C’è stata la firma di un Piano d’azione triennale e la firma di sei intese su materie per noi molto importanti che vanno dalla cooperazione industriale alla tutela delle indicazioni geografiche, la sicurezza alimentare, le materie ambientali, l’istruzione”.

Quello con Xi Jin Ping “è stato un dialogo ampio e franco e rispettoso che chiaramente ha coinvolto anche tutte le materie dell’agenda internazionale, sulle quali chiaramente la Cina rimane indispensabile dalla guerra di invasione all’Ucraina alle tensioni che si vanno moltiplicando, dal governo dell’intelligenza artificiale fino alla riforma del consiglio di sicurezza dell’ONU e le questioni climatiche. L’abbiamo fatto con trasparenza con lealtà con franchezza penso che penso e spero ciò che possa essere utile ecco per ingaggiare un interlocutore che è sicuramente molto molto importante in questa fase”.

Al presidente cinese, “ho ribadito le mie convinzioni, l’aggressione russa all’Ucraina è un attacco frontale alla convivenza pacifica tra i popoli, alle regole del diritto internazionale. Quando le regole del diritto internazionale vengono messe in discussione chiaramente producono un Domino che noi stiamo già vedendo, anche economico. Questo probabilmente può convenire a Putin ma credo non convenga a nessun altro. E’ evidente che il sostegno cinese alla capacità industriale russa è un tema e l’abbiamo ribadito ovviamente ma io penso che la Cina partendo dai principi di sovranità integrità territoriale che pure sempre rivendica possa diventare un soggetto diciamo risolutore per la identificazione di una pace giusta in Ucraina”.

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