‘’Una volta era difficile trovare un italiano che ammettesse di amare Giorgia Meloni, ma ora è riconosciuta come uno dei politici più potenti d’Europa”, scrive il Guardian in un lungo articolo sulla presidente del Consiglio che ora, dopo quasi un anno al potere, ha ottenuto consensi anche a sinistra. Con il trionfo di Fratelli d’Italia, nel Paese è salito al potere ”il governo più di destra dalla seconda guerra mondiale”, si legge nell’articolo, secondo cui però la presidente del Consiglio italiano ”ha assunto un tono rassicurante e pragmatico nel resto d’Europa e non solo”. Viene ricordato il suo ”incrollabile sostegno all”Ucraina” e la sua posizione favorevole a ”grandi accordi in Africa, siano essi sull’energia o, in modo più controverso, sull’immigrazione”.
Quanto alle alleanze internazionali, il Guardian scrive che ”un tempo fan di Donald Trump e Vladimir Putin, Meloni ha trovato nuovi amici in Joe Biden e Volodymyr Zelensky. Ha stretto un legame con Rishi Sunak, ha un rapporto più cordiale con Emmanuel Macron e la si vede spesso lavorare al fianco di Ursula von der Leyen”, l’ultima volta a Lampedusa. ”Meloni ha stretto rapporti più profondi con i suoi alleati di estrema destra in Europa”, scrive il Guardian citando l’intervento a favore di Vox prima delle elezioni spagnole di luglio e l’incontro, la settimana scorsa a Budapest, con il suo omologo ungherese Viktor Orban con il quale ha parlato della difesa della famiglia ”tradizionale”.
Il quotidiano ricorda anche che Meloni è stata anche elogiata da un rivale di sinistra, Enrico Letta, ex primo ministro ed ex leader del Partito Democratico, che l’ha definita ”migliore del previsto”, e che Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna, è stato criticato dai membri del Pd per aver definito Meloni ”capace”. Tuttavia, si sottolinea nell’articolo, il governo non esita a esercitare ”la sua influenza sulla Rai”, dove vorrebbe ”prendere il controllo” e ”cambiare la narrazione secondo il suo modo di pensare”.
Restando in Rai Giorgia Meloni parla al Tg1 e traccia un bilancio di quanto realizzato finora tracciando anche la rotta per il futuro. «Vedo l’orizzonte dei 5 anni di governo – dice il premier e leader di FdI – e quell’orizzonte mi serve anche per realizzare le grandi riforme di cui questa nazione ha bisogno. Vorrei che questo fosse l’anno delle riforme: vedere i primi mattoni della riforma fiscale, avviare la riforma costituzionale, fare la parte più consistente della riforma sulla giustizia. E poi la grande riforma del merito, particolarmente nella scuola e intervenire sull’emergenza abitativa. C’è un grande lavoro da fare ma rispetteremo gli impegni presi. Uno degli impegni presi con gli elettori riguardava l’eliminazione del sussidio voluto dai grillini, che ha devastato l’economia e il mercato del lavoro. Sul reddito di cittadinanza abbiamo fatto la cosa giusta e quella che avevamo promesso: distinguere chi può lavorare da chi non può farlo. Chi non può lavorare mantiene il sussidio, chi può lavorare è giusto che abbia lavoro e formazione. Sul tema del salario minimo mi stupisce che l’opposizione scopra oggi la sua utilità, perché in dieci anni al governo non lo hanno realizzato io che temo possa peggiorare la condizione di più lavoratori di quelli ai quali la migliora, ma aspettiamo la proposta del Cnel, che arriverà il 15 ottobre prossimo. Sul superbonus parlano i numeri. Centoquaranta miliardi di euro di buco tolti alla sanità, all’istruzione, alle pensioni, per ristrutturare le seconde case e anche i castelli».
Gli aspetti migliori di questo anno di governo? «Vado fiera dei dati economici – ha detto la Meloni ai microfoni del Tg1 – vado fiera di una Italia che dopo anni che era fanalino di coda oggi cresce piu’ della media europea, del record di numero di occupati, del record di contratti stabili, sono fiera di aver concentrato tutte le risorse su chi era più in difficoltà, sui redditi medio-bassi». Nell’intervista, il premier non elude gli aspetti più critici. «Speravo meglio sull’immigrazione, su cui si è lavorato tantissimo, i risultati non sono quelli che speravamo di vedere. Sono certa che ne verremo a capo ma questo tema merita una seconda fase di impegno». Per quanto riguarda la lotta all’immigrazione clandestina, il Guardian scrive che il numero di persone che arrivano in Italia è più che raddoppiato tra gennaio e settembre rispetto allo stesso periodo del 2022. ”La patina di stabilità del governo italiano è dovuta in parte – sostiene il quotidiano britannico – al fatto che ha un’ampia maggioranza in parlamento e anche al fatto che l’opposizione è debole”. Ma, ritiene il Guardian, ”finora è stato ottenuto ben poco” perché ”il governo sta venendo meno ai suoi impegni sull’immigrazione” e ”l’economia sta rallentando” mentre ”non ha una strategia chiara per affrontare la crisi climatica”.
Negli ultimi giorni ha prodotto molto rumore mediatico la questione dei 5mila euro che i migranti possono sborsare per evitare di finire nei Centri di permanenza e rimpatrio. Una polemica che ne trascina un’altra, relativa ai luoghi in cui sorgeranno i Cpr.
L’Italia e gli italiani si percepiscono “stanchi” della pressione migratoria sul Mediterraneo, che ha fatto registrare oltre 130mila sbarchi nei primi otto mesi del 2023, con Lampedusa al collasso e l’Unione europea incapace di ricollocare i profughi con rapidità. Ora diventa prioritario il “dove” saranno aperti questi Centri per i richiedenti asilo.
In quali Regioni sorgeranno i Cpr
Approvando il decreto in Consiglio dei ministri, l’Esecutivo ha accelerato sul tema dei Cpr. Al momento in Italia se ne contano dieci, di cui uno (Torino) attualmente chiuso per manutenzione e dunque non utilizzabile. Gli altri sono situati in Puglia (Bari e Brindisi), in Sicilia (Trapani e Caltanissetta), nel Lazio (Roma), in Lombardia (Milano), in Basilicata (Palazzo San Gervasio), in Sardegna (Macomer) e in Friuli-Venezia Giulia (Gradisca). I posti letto totali messi a disposizione sono 619, a fronte di un’occupazione attuale di 592 unità.
Un numero insufficiente, secondo il Governo, a gestire l’emergenza dei continui sbarchi e cercare di evitare altre tragedie in mare. Considerando anche il fatto che complessi come quello di Trapani sono sovraffollati, dove i migranti ospitati sono superiori ai 108 posti disponibili. Per questo motivo il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha annunciato che ci sarà un Cpr per ogni Regione. Ma dove sorgeranno questi nuovi Centri? Dove mancano: e cioè in Calabria, Campania, Abruzzo, Molise, Marche, Umbria, Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Veneto e Trentino-Alto Adige. Ogni struttura potrà ospitare un numero variabile di persone, compreso fra 50 e 200.
Il piano del Governo sui nuovi Centri
Stando alla Relazione sul rimpatrio volontario e assistito nella gestione dei flussi migratori, nei Cpr italiani nel 2021 sono transitati in tutto 5.174 migranti. Il piano è quello di individuare e allestire i nuovi Centri di permanenza nel giro di due mesi. Per questo il ministero ha da tempo avviato una ricognizione, affidata ai prefetti, per individuare aree o strutture già esistenti adatte allo scopo. I requisiti fondamentali sono essenzialmente due: le strutture devono trovarsi lontano dai centri abitati e devono essere facilmente perimetrabili e sorvegliabili.
Diverse Regioni hanno mostrato forti resistenze al piano del Governo, come la Toscana o la Valle d’Aosta. Altre invece, come il Trentino, avrebbe già raggiunto un accordo su dove collocare il Cpr. In Liguria, infine, si parla di un complesso d’accoglienza non lontano da Ventimiglia, che di flussi migratori da e per il confine francese se ne intende.
E torniamo alla “storia” dei 5mila “chiesti” ai migranti, cercando di fare chiarezza. Il decreto del ministero dell’Interno, pubblicato in Gazzetta Ufficiale e immediatamente operativo, “completa” l’iniziativa governativa inaugurata col Decreto Cutro, approvato in seguito al terribile naufragio di febbraio 2023 sulle coste calabresi. Si propone che alcuni migranti giunti in Italia possano versare allo Stato una somma a titolo di “garanzia finanziaria” per evitare di attendere nei Cpr la risposta alla loro richiesta d’asilo, restando di fatto in stato di libertà e non di detenzione. Una sorta di cauzione dunque, pari a 4.938 euro.
Ma quali migranti? Quelli provenienti da Paesi classificati dal ministero come “sicuri”, che in tutto sono 16. Ecco di seguito la lista contenuta nel Decreto Cutro:
Albania
Algeria
Bosnia-Erzegovina
Capo Verde
Costa d’Avorio
Gambia
Georgia
Ghana
Kosovo
Macedonia del Nord
Marocco
Montenegro
Nigeria
Senegal
Serbia
Tunisia
E in vista delle elezioni europee del prossimo anno il Guardian prevede ”un ritorno di una retorica intransigente e nazionalista”. Il bilancio del primo anno? «Devono farlo gli italiani», ma «dopo un anno l’Italia è sicuramente più credibile, più stabile e sicuramente più ascoltata, è l’inizio di un lavoro che va però giudicato alla fine dei 5 anni».