‘Piagnisteo napoletano’ aveva intitolato Libero, il quotidiano diretto da Vittorio Feltri, mettendo sullo stesso piano, politica, furbetti del cartellino all’ospedale Loreto Mare e calcio, con le polemiche dopo il match Juve-Napoli. Un’edicolante al Centro direzionale di Napoli aveva deciso addiruttura di non venderlo ‘per rispetto della città’. Libero infatti scriveva: ‘Vide Napule e po’ muore. C’è qualcosa di terribilmente fascinoso, nel piagnisteo che in questi giorni avvolge Napoli. Una tammurriata d’illegalità, il senso dell’etica pubblica che si scioglie nel chiagn’e futte, al posto del sangue di San Gennaro’. Inaccettabile per qualunquismo e offensivo per la città di Napoli ed il meridione tutto. A questo articolo ha voluto rispondere la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che ha preso carta e penna e ha scritto un lettera a Libero, dal titolo ‘Ma i furbetti del cartellino erano a Sanremo’ che il quotidiano pubblica e che qui riportiamo:
Caro Direttore,
dispiace che un quotidiano importante come Libero dedichi apertura e quattro pagine per attaccare il Sud. Per Fratelli d’Italia questa generalizzazione è ingiusta e mi aspetto una presa di distanza anche dalle altre forze politiche e dai loro leader, dal mondo dell’informazione e della cultura. Credevamo che lo stereotipo del meridionale ‘assenteista’, ‘corrotto’ e ‘disonesto’ fosse ormai superato, visto che in alcun modo corrisponde alla verità, ma evidentemente ci sbagliavamo. Non è dove si nasce o dove si vive a rendere una persona automaticamente fannullona, corrotta o disonesta. Se così fosse, persone come Falcone o Borsellino dovrebbero essere nate in Veneto o in Lombardia che invece erano fieramente siciliani.
E per far capire che il problema non è geografico non serve ricordare i grandi scandali che hanno fatto il giro del mondo, come l’Expo o il Mose: basta citare i ‘furbetti del cartellino’ di Sanremo o gli assenteisti di Biella che, in orario di ufficio, usavano l’auto di servizio per andare in palestra o a giocare alle slot. Non mi risulta che Sanremo sia in Campania e Biella in Calabria. Dopo il vostro titolo francamente incomprensibile, mi sento di rivolgere la mia più sentita solidarietà a tutti i napoletani e gli italiani del Sud, vittime di un pregiudizio avvilente. Sono tornata a Napoli all’indomani del referendum sulla riforma costituzionale: proprio lì dove il no a Renzi ha stravinto, ho avuto l’ennesima conferma che c’è tanta gente perbene che non intende arrendersi e che non si fa comprare da una frittura di pesce.
Parliamo di uomini e donne che vogliono rimboccarsi le maniche nonostante il Mezzogiorno sia stato cancellato dall’agenda politica di governi che preferiscono occuparsi del sud del mondo ma non del sud dell’Italia. Non lo dico io ma i dati del rapporto Svimez: il Sud ha perso 1,2 milioni di persone, soprattutto di giovani in età da lavoro, è a rischio desertificazione e subisce un calo demografico ‘compensato’ dal saldo migratorio. Dividere l’Italia significa, soprattutto ora, indebolirla: l’obiettivo che deve coinvolgere tutti, giornalisti e politici per primi, è piuttosto quello di creare un’unità sostanziale nazionale che non siamo mai riusciti a costruire. Perché l’Italia può crescere solo se è unita e se ci sono le stesse opportunità di sviluppo e crescita al Nord e al Sud. Questa è la sfida da vincere, la priorità nella nostra agenda politica e mi aspetto che anche un quotidiano autorevole e coraggioso come il vostro combatta questa battaglia al nostro fianco.