“Se vinco le elezioni e FdI è il primo partito, a palazzo Chigi vado io” dice Giorgia Meloni nel salotto di Bruno Vespa. L’affermazione è forte, ma i sondaggi parlano chiaro: se si tramuteranno in voti (46-48%) e soprattutto in seggi (58-60%), il governo lo guiderà lei e lei deciderà con chi. Il resto delle cose dette da Vespa (presidenzialismo, nessun extradeficit, sanzioni alla Russia restano), è puro contorno. La leader di Fratelli d’Italia ha però, ben altre preoccupazioni, dubbi, incertezze.
«Dobbiamo centrare due obiettivi: vincere come coalizione e essere primo partito», è il piano della Meloni, pronta a contestare che «la posta in gioco sia tra un governo di centrosinistra o di destra, ma tra uno con una maggioranza solida e uno con una maggioranza arcobaleno». E intanto, dal salotto di «Porta a Porta»., la leader di Fdi rilancia sulle riforme. «Possiamo ripartire da sistema francese, qualcuno propone il premierato, il sindaco d’Italia, importante è che si parli di questa che è la madre di tutte le riforme. La Bicamerale è una delle soluzioni su cui sono d’accordo, sono per aprire un dibattito. Io vorrei fare le riforme con tutti ma non mi faccio impantanare dalla sinistra», spunta le armi di Letta che grida all’allarme democratico con la vittoria del centrodestra.
Le riforme, lascia intendere la Meloni, le faremo a larga maggioranza e con l’accordo di tutti. All’alleato Matteo Salvini la leader Fdi ribadisce ferma la sua posizione su energia («per rifondere i sovraccosti da qui a marzo servono 3 o 4 miliardi di euro dai fondi europei: non serve lo scostamento di bilancio») e sanzioni alla Russia ( «Non mi torna che non stiano funzionando, qualcosa invece stanno facendo. Mosca ci metterà 10 a anni a recuperare il Pil prima della guerra»). E ammette che con il leader della Lega «ci sono battibecchi, ma montarli ad arte no.. ». Per esempio spiega: nella famosa foto di Cernobbio «avevo le mani ai capelli, ma Salvini non stava parlando: stava parlando Letta». Giorgia Meloni squaderma sondaggi che danno Fdi ancora in crescita. E intanto torna a rintuzzare le parole del segretario dem, contro l’attuale legge elettorale: «Enrico Letta – attacca Meloni – definisce il Rosatellum » “la peggiore legge elettorale che ha visto il nostro Paese”.
È gravissimo che Letta parli di una Europa di serie B con Ungheria e Polonia. Loro immaginano la Ue come un club. Letta chieda scusa alla Polonia, la nazione più esposta con la Russia, perchè fa avere a Putin il messaggio che a noi della Polonia non ce ne frega nulla«, affonda a »Porta a Porta«.. Da registrare oggi anche la ribadita contrarietà all’adozione per i single e per le coppie gay, anche se viene accettato l’invito a cena dall’assessore al Welfare di Napoli, Luca Trapanese, papà single che ha felicemente adottato una bimba con una grave disabilità, di nome Alba e ha chiesto alla Meloni di confrontarsi. »Per un bambino essere cresciuto e amato da un papà e una mamma è meglio che esserlo da uno solo dei 2« è la chiosa della leader Fdi, che non si sposta dalle sue posizioni.
Per quanto riguarda il genere‘ toto-ministri’, i nomi sono tanti, ma i principali sono di FdI. Una sola certezza: se non andrà a guidare BankItalia, come‘caldeggia’ l’attuale premier, Mario Draghi, sarà Fabio Panetta, oggi nel board della Bce, farà il titolare del Mef. In alternativa, si scalda Luigi Buttiglione, già funzionario di via Nazionale e poi della banca di investimento Brevan Howard.
Al netto di Crosetto, il solo che ha l’imbarazzo della scelta, sempre che‘scelga’ di andarci, al governo (Difesa, Mise, Lavoro). Si parla con insistenza di Carlo Nordio (Giustizia), Raffaele Fitto (Affari regionali), Giovanni Donzelli (Turismo/Mare), Adolfo Urso (Interni), mentre Giulio Tremonti non avrebbe più che i Beni culturali e non, cio è, un ministero ‘economico’. Invece, per quel che conterà la Lega, Salvini sarà al governo, ma di certo non agli Interni, di sicuro ci sarà posto per Giorgetti (Mise), Garavaglia e Centinaio (Agricoltura) che dovrebbero essere confermati.
Il pezzo da novanta di FI, Antonio Tajani, è già predestinato agli Esteri (in alternativa è pronto l’ambasciatore Pontecorvo), ma ci sarà spazio anche per Licia Ronzulli (Istruzione) e Paolo Barelli (Sport). Ciliegina sulla torta, Marcello Pera, alle Riforme istituzionali. Meloni stessa lo vuole in quel posto.
Tra le altre preoccupazioni, c’è la‘grandezza’ della vittoria del centrodestra. Lega e Forza Italia continuano a subire emorragie di consensi e questo, paradossalmente, preoccupa ‘Giorgia’: ‘teme’ che i suoi alleati diventino troppo deboli. Meloni vuole vincere ma non vuole ‘stravincere’.
Salvini non la aiuta. Paradigmatica la foto di Cernobbio: lui parla e lei si mette” le mani nei capelli”. Berlusconi, invece, non‘deve’ risultare ininfluente perché l’anello che la collegha al Ppe. L’ostilità della‘catena di comando’ dell’Ue attuale (Commissione-Consiglio, in mano a Ppe-Pse, e pure della Bce) resterà forte, pesante. Meloni ha in agenda un tour nelle capitali Ue. Molto più rassicurante, da questo punto di vista, è il rapporto con gli Usa, che resta saldo: Meloni (e Berlusconi) terranno a freno il putiniano Salvini.
Ma la situazione sociale e economica del Paese oggi è drammatica e lo sarà ancor di più nei prossimi mesi. La Ue, sul price cup al tetto del gas, non ha deciso nulla, i rincari delle bollette e la crisi occupazionale stanno mettendo in ginocchio le aziende e a rischio il futuro di milioni di famiglie che non hanno più un reddito. Servirebbe un clima di concordia nazionale, di pacificazione, ma temo scontri, proteste, il fuoco”– ragionava, ieri, con degli amici – uno dei più fidati ‘consiglieri’ di Meloni, Guido Crosetto. Il quale non si è ricandidato e vorrebbe restare a fare quello che fa (presiede l’Aiad, aerospazio), ma potrebbe svolgere, nel governo Meloni, ruoli chiave. Un dicastero di peso, certo, forse di più. E’ una ‘garanzia’ per molti centri di potere che contano: un Gianni Letta in formato extralarge.