Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia, ha espresso pubblicamente la sua frustrazione per la continua diffusione di comunicazioni riservate all’interno del suo partito. La questione ha raggiunto un punto critico con la divulgazione di conversazioni private, pubblicate dal Fatto Quotidiano, riguardanti l’elezione di un nuovo giudice della Corte Costituzionale.
La rabbia di Giorgia Meloni per le chat private e la fuga di notizie interne al suo partito, Fratelli d’Italia, non si placa. Ma nelle ultime ore sarebbero emerse delle potenziali novità: indizi che andrebbero piano piano a stanare la spia che sarebbe presente nell’ambiente della maggioranza. Adesso, infatti, ci sarebbe anche una ipotesi su chi potrebbe essere la “talpa” e dove si troverebbe ora.
“Smettete di fare i fenomeni. Se vi mollo io dove pensate di andare?”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è adirata amareggiata per le chat con i suoi parlamentari e dirigenti finite sui giornali, al punto da minacciare le dimissioni. Se non può fidarsi dei suoi, e nemmeno degli alleati, tanto vale lasciare Palazzo Chigi. Il suo braccio destro Guido Crosetto dice che vuole vederci chiaro, e intende scovare le ‘spie’ responsabili della divulgazione di quelle conversazioni che dovevano rimanere interne al partito, e che contenevano anche considerazioni imbarazzanti per Matteo Salvini sullo stato della circolazione dei treni in Italia.
Crosetto, secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, avrebbe manifestato l’intenzione di presentare un esposto alla magistratura per “violazione del segreto di corrispondenza” a seguito della divulgazione del contenuto di una chat, la stessa in cui Meloni si lamentava per la fuga di notizie e la diffusione di messaggi che avrebbero dovuto rimanere privati. “Io alla fine mollerò per questo. Perché fare sta vita per far eleggere sta gente anche no”, è stato lo sfogo di Meloni, diventato poi di dominio pubblico, sulle pagine del Fatto Quotidiano. E ancora: “L’infamia di pochi alla fine mi costringe a non avere più rapporti con i gruppi. Molto sconfortante davvero”. Sempre sul giornale di Travaglio sono finiti sabato alcuni passaggi delle conversazioni della chat incriminata, in cui il ministro Crosetto annunciava la denuncia, e altri componenti del governo e parlamentari si dicevano d’accordo.
Il Corriere della Sera, nella sua edizione online di Roma, parla del fatto che la Premier Meloni abbia “deciso di stanare, sferzare, punire” la spia o talpa colpevole della fuga di notizie di queste ultime settimane. In questo senso, giocherebbe un ruolo fondamentale anche Guido Crosetto che, sempre nella chat incriminata, avrebbe annunciato un esposto ai pm per violazione del segreto di corrispondenza.
Una mossa – si legge sempre nella versione online del Corriere – è servita a Crosetto per “chiudere il cerchio” e di “fiutare la talpa che starebbe scavando pericolose gallerie alle fondamenta di Palazzo Chigi, nel tentativo di indebolire la premier”.
In questa ottica ci sarebbe anche un primo identikit della talpa che non sarebbe “nessuno di partito, nessun parlamentare“. Non solo. Un meloniano rimasto anonimo avrebbe dichiarato al Corriere: “Quello di Giorgia non era un attacco a noi. Lei ha paura di qualcuno che fa il doppio gioco e che non è più nel partito“.
In chiave di altri partiti, ecco che vengono chiamati in causa gli alleati della Premier, ovvero Salvini e Tajani. Il Corriere, infatti, ha sottolineato come “fonti di FdI vanno ancora oltre e si spingono a indicare in Forza Italia la tana della ‘talpa’, che potrebbe aver lasciato il partito ma essere rimasta nella vecchia chat”.
Gli stessi meloniani, però, avrebbero ipotizzato anche un’altra teoria, quella che si sussurra da qualche tempo: la discesa in politica di Pier Silvio Berlusconi e Marina Berlusconi. Un qualcosa che sarebbe dietro queste tensioni e questa fuga di notizia e che appunto starebbe facendo pensare ad un atto del presunto scontro sotterraneo tra Palazzo Chigi e gli eredi del compianto Cavaliere, con Pier Silvio che potrebbe arrivare in politica nella prossima primavera.
Riguardo l’elezione di un nuovo giudice nella Corte Costituzionale niente fumata bianca per l’elezione dell’ultimo giudice della Corte Costituzionale di stretta competenza del Parlamento. Il centrodestra puntava ad eleggere il suo candidato: ovvero Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. La scelta, però, è stata nettamente respinta da tutte le opposizioni, pronte a disertare il voto anche per evitare sorprese nel segreto dell’urna, e quindi alla fine Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati ha annunciato di non volere andare alla conta: “Le opposizioni decidono di trasformare perfino l’elezione dei giudici costituzionali in terreno di propaganda politica – hanno dichiarato i capigruppo di Camera e Senato del centrodestra -. Hanno deciso di disertare l’Aula nonostante l’esigenza di sostituire dopo 10 mesi un giudice della Consulta. La maggioranza decide nonostante loro di continuare a rispettare le istituzioni e oggi vota scheda bianca”. Risultato finale, come pronunciato dal presidente di turno Giorgio Mulè: 323 schede bianche, dieci voti nulli e nove dispersi.
L’obiettivo della maggioranza di governo, chiamata inizialmente a serrare i ranghi, era quella raggiungere quota 363 voti (pari ai tre quinti i componenti dell’Assemblea), che è il quorum richiesto per l’elezione, ma anche questo ottavo tentativo delle Camere non va a buon fine perché non si vuole bruciare il nome di Marini. Al momento si parte sempre da 360, vale a dire i 355 parlamentari della coalizione che ha vinto le elezioni nel settembre 2022, a cui dovrebbero teoricamente aggiungersi Lorenzo Cesa e Antonino Minardo – formalmente iscritti al Gruppo Misto della Camera dei Deputati – insieme a Mara Carfagna, Maria Stella Gelmini e Giusy Versace, uscite recentemente da Azione. Per i tre voti mancanti, lo sguardo del centrodestra era rivolto proprio al Misto di Montecitorio: Andrea De Bertoldi, che nelle settimane scorse ha abbandonato Fratelli d’Italia, e Francesco Gallo, eletto con la lista di Sud chiama Nord. Non avrebbe partecipato sicuramente al voto invece Luigi Marattin, ex parlamentare di Italia Viva uscito dal movimento di Matteo Renzi, perché impegnato a Genova per la presentazione di un suo libro.
L’appello del Partito Democratico di non partecipare al voto per la Consulta è stato infatti accolto subito da tutti i gruppi di opposizione: dal Movimento 5 Stelle ad Azione, passando per Alleanza Verdi-Sinistra, +Europa e i renziani. Nessuno tra l’opposizione, infatti, intendeva fornire un gancio per eventuali polemiche sui franchi tiratori che, nel segreto dell’urna, potrebbero spianare la strada a Marini. L’unica eccezione rispetto all'”Aventino” è rappresentata da Pier Ferdinando Casini, che continua a considerare anche il voto per il giudice costituzionale “istituzionalmente doveroso”; anche se non è detto che il suo sia a favore del candidato di maggioranza.