Giorgia Meloni tra Colle e premierato

Il centrodestra ha raccolto alle elezioni legislative del 25 settembre una maggioranza “chiara ma non schiacciante, non amplissima, soprattutto al Senato” e che non può prescindere da Forza Italia, partito che, pur ridimensionato, si rivela cruciale. L’analisi di YouTrend spiega quali siano i dati sui seggi conquistati dalla coalizione guidata da Fratelli d’italia e Giorgia Meloni: 235 deputati su 400 e almeno 112 senatori su 200.

Bologna vista dall’alto è un puntino rosso in un mare azzurro confermandosi fortino (piccolo) della sinistra. Nella regione guidata da Stefano Bonaccini (Pd) il centrodestra (al 39%) ha preso quattro punti in più rispetto al centrosinistra. E anche qui il partito di Giorgia Meloni raggiunge consensi storici. Sempre in ambito regionale la coalizione di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia vince la sfida nei collegi uninominali: 3-2 al Senato e 7-4 alla Camera. Il Pd, in Emilia Romagna, rimane il primo partito con il 28% (Camera) tallonato da Fratelli d’Italia (25%).

In questo contesto, dove domina il centrodestra, Bologna appare come una sorta di villaggio di Asterix che issa la bandiera rossa. Qui il Partito democratico svetta ancora sugli avversari con percentuali sopra alla media e traina la coalizione di centrosinistra portandola sopra al 40%, in controtendenza rispetto ai dati sia nazionali che regionali.

Crolla anche il fortino rosso della Toscana che, per la prima volta nella storia, passa in mano alla coalizione del centrodestra che si afferma con il 38% di consensi contro il 34% del centrosinistra. Alla fine il conteggio delle sfide nei 13 collegi uninominali riporta una netta affermazione per la coalizione trainata da Giorgia Meloni: 10 seggi conquistati contro i tre del centrosinistra che evita il cappotto solo grazie ai risultati di Firenze. Decisivo in questo senso la vittoria dei due seggi alla Camera da parte dell’assessore fiorentino, Federico Gianassi e dell’ex sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi, cosi’ come il successo al Senato della candidata di Sinistra Italiana-Europa verde, Ilaria Cucchi.

FdI sbanca sul territorio regionale ma manca il doppio sorpasso ai danni del Pd: al Senato è il primo partito con una differenza di soli 1.295 voti in piu’ rispetto ai dem, alla Camera invece si ferma subito sotto di 8.190 voti. La Lega e Forza Italia si attestano al 6,5% e al 5,5%.

Complessivamente la coalizione composta da FdI, Lega, Fi e Noi moderati raggiunge il 44,5% dei voti, sette punti in più rispetto al 37,5% del 2018. Vince nella stragrande maggioranza dei collegi uninominali di Camera e Senato.

Il centrosinistra, composto da Pd, Alleanza Verdi Sinistra, +Europa, Impegno civico, si ferma al 26,2%, sostanzialmente stabile rispetto al 2018 quando il centrosinistra e Leu ebbero complessivamente il 25,7%. Sono pochi i collegi uninominali dove prevale il centrosinistra, anche in regioni come l’Emilia Romagna e la Toscana.

Il Movimento 5 Stelle, correndo da solo, ottiene il 15,2% dei voti e vince a sorpresa in oltre dieci collegi uninominali del sud, soprattutto nel napoletano, nel palermitano e a Foggia. Rispetto al 2018, quando ebbe il 32,2%, M5s cede il 17%. La lista Azione-Iv, non presente nel 2018, ottiene il 7,7%.

Nel centrodestra la parte del leone la fa Fratelli d’Italia che sestuplica i voti rispetto al 2018, passando dal 4,3% al 26,4%. Lega e Forza Italia quasi dimezzano i loro voti: il Carroccio passa dal 17,6% al 9%; FI dal 14,4% all’8,3%.

“Siamo ansiosi di lavorare con il governo italiano sui nostri obiettivi condivisi: sostenere un’Ucraina libera e indipendente, rispettare i diritti umani e costruire un futuro economico sostenibile. L’Italia è un alleato fondamentale, una democrazia forte e un partner prezioso”. È il commento del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, in un tweet, all’indomani delle elezioni italiane.

Ora che le urne hanno dato un’indicazione chiara sul fatto che per gli italiani Giorgia Meloni è colei che deve avere l’incarico di guidare il governo, gli sguardi di elettori e osservatori si spostano su Sergio Mattarella, che quell’incarico deve conferirlo. In teoria non ci sono dubbi, nella pratica serpeggia ancora il timore, per alcuni sembra quasi la speranza, che il Colle possa tentennare. Secondo un retroscena del Messaggero, al Quirinale comunque la linea è chiara: «Il capo dello Stato, se il centrodestra si presenterà alle consultazioni indicando il nome di Meloni e garantendo una salda maggioranza, incaricherà Meloni. Non farlo sarebbe una violazione della volontà popolare e della Costituzione», scrive Albero Gentili, citando «chi ha parlato con Mattarella».

Per arrivare al prossimo presidente del Consiglio ci vorrà un mesetto. Un tempo dettato dai passaggi tecnici istituzionali. Il 13 ottobre dovrà riunirsi il Parlamento, che in quella giornata o nella successiva dovrà eleggere i presidenti delle Camere. Una volta formati i gruppi, potranno partire le consultazioni, il cui inizio è stimato intorno al 20 ottobre. Si tratta, chiaramente, di un appuntamento cruciale e, come è stato fatto notare da più parti, doppiamente storico: la prima volta della destra e la prima volta di una donna verso Palazzo Chigi.

Per capire come questa svolta venga vissuta in certi ambienti, basterà riferirsi al retroscena di Ugo Magri su La Stampa: «Come si regolerà il garante della Costituzione quando dovrà conferire l’incarico? Punterà senza indugio sulla leader dei Fratelli d’Italia, che già si sente sulla sedia di Super Mario e, forte del 26 per cento, griderebbe allo scandalo se la scelta cadesse su nomi diversi dal suo? Altra domanda: il capo dello Stato si lascerà imporre la lista dei ministri o farà valere le proprie prerogative qualora gli venissero proposti nomi a vario titolo «impresentabili»? Come reagirebbe se questa destra estremista, arrembante, sicura di sé tentasse di delegittimarlo? Più in generale: quale tipo di convivenza si annuncia tra i nuovi padroni del Parlamento e un Garante dotato di vasti poteri, che gode anch’egli di salda popolarità nel Paese?».

Anche Magri, però, non può fare a meno di ammettere, che il presidente della Repubblica, pur non facendo «sconti», non farà «sgambetti», che «tutto fa ritenere che pure stavolta userà lo stesso identico metro», quello per cui «ogni volta che s’è aggrumata una maggioranza, Mattarella ne ha preso atto quasi con sollievo». Così non resta che guardare al dopo, si direbbe sperando in qualche passo falso di Meloni perché «l’unica vera certezza è che, con l’Italia sbilanciata a destra, Mattarella farà Mattarella. Resterà il personaggio che abbiamo imparato a conoscere da otto anni a questa parte. Rigido, anzi intrattabile quando sono in gioco questioni non negoziabili come la collocazione occidentale dell’Italia, il suo ancoraggio europeo, il rispetto dei valori costituzionalmente garantiti».

«Per danzare bisogna essere in due; dunque il futuro dipenderà dalla postura della Meloni, dal grado di rispetto che mostrerà verso gli organi di garanzia, da come Giorgia si rapporterà alle istituzioni, se abbagliata dal successo tenterà la grande spallata, una rottamazione mai osata finora», scrive ancora Magri, domandandosi se «al governo andrà una leader conservatrice però rispettosa dei valori repubblicani, legata all’Occidente e ancorata in Europa, oppure una maggioranza sovranista, anti-Ue e magari un po’ putinista?». Insomma, in sintesi la domanda sembra essere: Meloni continuerà a fare Meloni o incarnerà la fasulla narrazione insieme allarmante e consolatoria che ne fa la sinistra, per altro spostando l’inquadratura da lei alla maggioranza? Secondo Magri, ci sarebbe un qualche «alto loco» in cui i dubbi, così chiaramente sciolti dai cittadini, «non hanno avuto risposta».

Si concentrano, invece, di nuovo sul Colle gli interrogativi posti da La Verità, dove Mario Giordano sottolinea, non senza qualche asprezza, che i predecessori di Mattarella «hanno spesso lasciato dietro di sé il dubbio di non agire da arbitri, ma da giocatori, di non essere al sopra ma dentro una delle parti. E lei, ci spiace dirlo, non è stato da meno». Così, in quella che risulta come una lettera aperta, Giordano chiede al presidente della Repubblica «che cosa dirà? Che cosa dirà di fronte a quel 43 %circa di italiani che  hanno scelto il centrodestra? Rispetterà la loro volontà? Rispetterà quello che ha deciso il popolo, anche se sicuramente non le piace? Difenderà la democrazia? O comincerà a remare contro? A mettersi di mezzo? A fare di tutto per dare attuazione non ai desideri dei suoi concittadini, ma a quelli dei palazzi di Bruxelles o altrove?».

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