Nel corso della trasmissione “In Onda“, è andato “in scena”, il processo a Marco Travaglio – imputato contumace per aver fatto i complimenti a Giorgia Meloni. Nel suo editoriale Marco Travaglio, giornalista integralista che spesso e volentieri parte per la tangente politica sposando cause misteriose, come quella dell’infallibilità di Conte, tra una critica e l’altra al governo aveva scritto che la Meloni è una tipa sveglia, coerente e non ostaggio dei poteri forti. Passaggio che a sinistra è sembrato degno di processo, andato in scena con l’avvocato Padellaro in veste di difensore d’ufficio di Travaglio. “Guardate, che Marco non ha detto che sta facendo bene, ma che è sveglia. Poi ha detto che sta sbagliando tutto, per tre quarti del pezzo, che ha sbagliato a paragonarsi a Berlusconi!”. Ma già quella parola, sveglia, ossimoro perfetto per lo stato di coscienza che si tocca nei talk show estivi sulla politica, aveva generato ansia e forse un po’ di malinconia nei conduttori, che hanno incalzato “quelli del Fatto” accusandoli di intelligenza col nemico.
Sul Corriere della Sera Travaglio conferma di aver detto, “sveglia”, ma anche di aver confermato la sua opposizione alla linea di questo governo, nel segno di una libertà che in tanti, anche in tv, fanno fatica a riconoscere perfino per se stessi.
Poi sulla libertà della premier. “In questi anni sono stati gli unici due presidenti del Consiglio ad essere arrivati a Palazzo Chigi senza la cooptazione dei poteri forti. Il leader del Movimento 5 Stelle è giunto lì per caso. Lei, Giorgia, è invece arrivata dalla periferia. La presidente del Consiglio è un underdog o un outsider anche se fa politica da trent’anni, perché proviene da una formazione che da sempre è stata tenuta a distanza dalle logiche di potere. Ecco perché mi meraviglia. Mi meraviglio che non abbia dato seguito da presidente del Consiglio a questa sua caratteristica. Ha dovuto promettere fedeltà agli americani, all’Europa, a tutti quelli che ha dipinto come poteri forti, pensiamo ad esempio al rapporto super compiacente che ha avuto con il governo Draghi. Diciamola tutta, si è un po’ parata le spalle. Non a caso appena ha votato contro la presidente della Commissione europea uscente sono subito piovute le critiche. E lo stesso è successo non appena il ministro della Difesa Guido Crosetto si è permesso di criticare l’Ucraina. Meloni è sempre sotto esame. Se asseconda l’ establishment è salva, altrimenti le saranno ordite una serie di trappole”.
Infine sulla presunta “amicizia”. “Ho già raccontato tutto a Peter Gomez a La Confessione su Rai3. L’ho conosciuta 15 anni fa quando era ministro della Gioventù nel governo di Silvio Berlusconi. Se non sbaglio ci siamo incrociati in treno, dopodiché ci saremo visti un paio di volte a pranzo per scambiare due chiacchiere, perché mi incuriosiva questa giovane esponente del governo. E poi basta: ho solo avuto un rapporto da giornalista. Devo dire che mi è molto simpatica. Ha rotto con Berlusconi ai tempi del Pdl, per fondare un suo partito, sganciandosi così dal governo Letta-Alfano. Si è sempre mossa nel segno della coerenza tenendosi a debita distanza dalle manovre di palazzo. Insomma, le premesse c’erano tutte. Mi aspettavo desse qualche segnale di discontinuità che alla fine non c’è stato. Non ho una avversione irriducibile per tutti quelli che stanno nel centrodestra. Ho una avversione irriducibile per i delinquenti. E mi faccia aggiungere una cosa: a mio avviso ha fatto una cavolata a paragonarsi a Silvio Berlusconi”.
Parla di Giorgia Meloni, Bruno Vespa, e non può fare a meno di ammettere che dall’alto della sua decennale esperienza, anche lui sente puzza di bruciato nelle strane indiscrezioni sulla possibile indagine a carico della sorella della premier, Arianna. A naso, a qualcuno non piace la riforma della giustizia e neanche il governo Meloni, che però ha i voti, dato non secondario in democrazia. “L’idea che la destra abbia vinto le elezioni nel 2022 e rischi seriamente di restare al potere cinque anni è oggettivamente insopportabile per gran parte di un mondo che conta tuttora. Le hanno perquisito la vita, ma non hanno trovato nemmeno un osso di seppia nascosto nell’armadio. E allora si cerca di colpire la famiglia”, scrive Vespa sul Quotidiano Nazionale.
Poi Vespa conclude. “Immaginare che Arianna Meloni abbia fatto qualcosa del genere è allo stato puro calunniosa fantascienza, anche perché tutte le presunte interferenze sono state puntualmente smentite dall’interessata, senza adeguate controsmentite… Arianna Meloni è uno dei 43 capi dipartimento nominati dal presidente del partito (articolo 10 dello Statuto) sentito l’esecutivo nazionale. È capo della segreteria politica, incarico di vertice che l’autorizza – come i pari grado degli altri partiti – a occuparsi di pareri su ogni questione (nomine comprese) che quel partito trasferirà al governo (se è in maggioranza) o farà controproposte (se è all’opposizione). Giorgia Meloni ha voluto tenere la sorella rigorosamente fuori dalle nomine per evitare ogni equivoco (a quanto pare, invano). Ma se un giorno Arianna dovesse dare un parere, farebbe soltanto il compito suo”.